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Venerdì, 19 Aprile 2024
Operazione Mosaico / Favara

La faida sull'asse Favara-Belgio, un solo teste conferma: "Calci e schiaffi per pagare debito"

Carmelo Vardaro è accusato di estorsione con metodo mafioso ai danni di alcuni clienti che gli avrebbero dovuto dare dei soldi per degli acquisti di cocaina. In due negano minacce e violenze, un terzo ammette: "Picchiato perchè ho tardato"

"Mi diede un calcio e uno schiaffo perchè tardavo a saldare un debito di droga". Solo uno dei tre testi, citato dal pubblico ministero della Dda Alessia Sinatra, conferma in pieno le accuse a carico di Carmelo Vardaro, 45 anni, di Favara, uno dei due imputati dell'inchiesta "Mosaico" che non ha scelto il rito abbreviato e, quindi, è stato rinviato a giudizio.

Vardaro, nell'ambito dell'indagine sulla faida che fra Favara e il Belgio ha provocato una carneficina con almeno 5 omicidi e una decina di tentati omicidi, è accusato di un omicidio, di due tentati omicidi, di due estorsioni con metodo mafioso e di una serie di episodi satellite. L'ultima udienza davanti alla Corte di assise, presieduta da Alfonso Malato, si è concentrata sulle accuse di estorsione che si riferiscono alle minacce e alle percosse subite da alcuni clienti per convincerli a pagare la cocaina che gli aveva venduto.

"Ho acquistato della cocaina da Emanuele Ferraro (indagato nell'inchiesta e ucciso l'8 marzo del 2018 prima che scattassero gli arresti) che mi prestò anche dei soldi": è stata la versione in aula di un barista. Quando fu ucciso il debito fu "ereditato" da Vardaro che avrebbe minacciato di picchiarlo per costringerlo a pagare. "Si limitava a chiedere i soldi e aveva ragione, ero io in torto" - ha aggiunto. 

Il testimone, di fronte alla contestazione del pm che gli fa notare che alla squadra mobile aveva detto cose diverse, corregge il tiro e conferma di avere detto la verità in precedenza. Scena analoga per un ex ristoratore che, rispondendo al pm e al difensore dell'imputato, l'avvocato Salvatore Virgone, conferma di avere acquistato cocaina da Ferraro e Vardaro (definito "un amico") e che i tentativi di riscossione del credito erano bonari. Anche lui, a seguire, conferma senza aggiungere molto altro le dichiarazioni messe a verbale con la squadra mobile.

Infine il terzo testimone ammette le percosse pur sminuendone la portata: "Non era uno schiaffo forte da cadere a terra".

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