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Martedì, 23 Aprile 2024
Tribunale / Raffadali

Estorsioni spendendo il nome del boss: vittima non si trova, stop al processo

Un meccanico sarebbe stato costretto a consegnare degli assegni in bianco che poi furono portati all'incasso per 60mila euro

Assegni in bianco, o già compilati e pronti all’incasso, con la minaccia di sapere “tutto della famiglia” e di chi fosse figlio, con la puntualizzazione che il suo nome era stato fatto dal boss Salvatore Fragapane, noto con il soprannome assai poco rassicurante di “Riina di Agrigento” per la sua completa adesione alla politica stragista di Cosa Nostra degli anni Novanta.

Una delle presunte vittime, che si sarebbe trasferita all'estero, non si trova e il processo resta bloccato da quasi un anno. Sul banco degli imputati sei persone, due delle quali, negli anni scorsi, erano imputate al processo scaturito dalla maxi inchiesta antimafia “Nuova Cupola”. Si tratta di Antonino Mangione, 42 anni, di Raffadali; Roberto Lampasona, 45 anni, di Santa Elisabetta; Domenico Mangione, 65 anni, di Raffadali; Concetto Giuseppe Errigo, 58 anni, di Comiso, Girolamo Campione, 44 anni, di Burgio, e Maurizio Marretta, 44 anni, di Santo Stefano.

Lampasona e Mangione, secondo l’accusa, avrebbero speso il nome del vecchio capomafia ergastolano per intimidire un meccanico di San Biagio Platani e farsi consegnare assegni in bianco che poi fruttarono circa 60 mila euro. Lo stesso meccanico, tuttavia, non ha potuto testimoniare perchè si sarebbe trasferito in Germania e la notifica della citazione non è andata in porto. Un nuovo tentativo sarà fatto il 16 febbraio.

I due imputati, vecchie conoscenze degli inquirenti per vari reati, anche di mafia (Lampasona, fra le altre cose, è stato arrestato ancora per associazione mafiosa nell’inchiesta Montagna) avrebbero commesso un’altra estorsione, nel maggio del 2010, un mese dopo la prima, nei confronti di un conoscente dal quale si sarebbero fatti consegnare assegni per 17 mila euro.

Mangione e Lampasona, in particolare, sono accusati di due episodi di estorsione. Il primo ai danni del meccanico che avrebbero intimidito partendo dal presupposto che, a loro dire, lo avevano aiutato a riscuotere un premio bancario. “Non pensare che questi favori li facciamo a tutti, fai quello che ti diciamo altrimenti arriva la fossa”. In questo modo il meccanico si sarebbe convinto a consegnare degli assegni in bianco firmati che poi sono stati posti all’incasso per un importo di 60 mila euro.

Nella seconda circostanza avrebbe agito il solo Mangione, facendo leva sulla conoscenza con Lampasona, forte del suo presunto spessore criminale, e si sarebbe fatto consegnare assegni per 17 mila euro. Gli altri imputati sono accusati di ricettazione perché avrebbero utilizzato gli assegni provento delle estorsioni. 

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