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Tribunale

Estorsioni spendendo il nome del boss, stop al processo

Il trasferimento di un giudice del collegio ha congelato il dibattimento a carico di sei persone ritenute vicine ai clan

Il trasferimento di un magistrato del collegio stoppa il processo a carico di sei persone, accusate di un giro di estorsioni. Il dibattimento è arrivato alle battute decisive dopo che i giudici della prima sezione penale, presieduta da Alfonso Malato, hanno sciolto una riserva ammettendo l'utilizzo di alcune intercettazioni provenienti dall'operazione "Nuova Cupola".

Il trasferimento del giudice Alessandro Quattrocchi al tribunale di Termini Imerese ha costretto ad un rinvio al 31 ottobre. Se la difesa non dovesse dare il consenso a utilizzare gli atti già acquisiti al fascicolo i tempi si potrebbero allungare. 

Sotto accusa Antonino Mangione, 40 anni, di Raffadali, Roberto Lampasona, 44 anni, di Santa Elisabetta; Domenico Mangione, 64 anni, di Raffadali; Concetto Giuseppe Errigo, 57 anni, di Comiso, Girolamo Campione, 43 anni, di Burgio, e Maurizio Marretta, 43 anni, di Santo Stefano. 

Lampasona e Mangione, secondo l’accusa, avrebbero speso il nome del vecchio capomafia ergastolano Salvatore Fragapane per intimidire un meccanico di San Biagio Platani e farsi consegnare assegni in bianco che poi fruttarono circa 60 mila euro. I due imputati, vecchie conoscenze degli inquirenti per vari reati e di recente coinvolti nell'inchiesta per l'omicidio del pensionato di Raffadali Pasquale Mangione, avrebbero commesso un’altra estorsione, nel maggio del 2010, un mese dopo la prima, nei confronti di un conoscente dal quale si sarebbero fatti consegnare assegni per 17 mila euro. Mangione e Lampasona, in particolare, sono accusati di due episodi di racket.

Il primo ai danni del meccanico che avrebbero intimidito partendo dal presupposto che, a loro dire, lo avevano aiutato a riscuotere un premio bancario. “Fai quello che ti diciamo perché è stato Salvatore Fragapane a farci il tuo nome”. In questo modo il meccanico si sarebbe convinto a consegnare degli assegni in bianco firmati che poi sono stati posti all’incasso. Nella seconda circostanza avrebbe agito il solo Mangione e si sarebbe fatto consegnare i titoli. 

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