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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il verdetto

Racket mafioso a costruttori: condanna annullata e nuovo processo per boss e braccio destro

Antonio Massimino, al 41 bis da 4 anni dopo l'ultimo arresto nell'ambito dell'operazione Kerkent, e Liborio Militello erano accusati di avere imposto il pizzo, in tre circostanze, a padre e figlio e imprenditori

Il boss Antonio Massimino è stato scagionato definitivamente da una delle tre accuse di tentata estorsione e sarà processato per la seconda ipotesi analoga; il suo presunto braccio destro Liborio Militello è stato pure prosciolto da uno dei due presunti episodi di racket contestati mentre per il secondo la condanna è diventata definitiva.

La Cassazione ha emesso la sentenza, senza però chiudere il caso che avrà una coda in Corte di appello a Palermo, sulla vicenda dei presunti taglieggiamenti mafiosi ai danni di due costruttori agrigentini padre e figlio. I due imprenditori non avevano presentato denuncia ma la Dia, che indagava sul clan rimesso in piedi da Massimino dopo la seconda scarcerazione, lo pedinava e ha scoperto gli episodi di racket che sono stati poi confermati in aula.

"La prima volta - hanno raccontato - Militello è venuto chiedere se potevamo farlo lavorare come piastrellista, subito dopo ci ha detto che lo mandavano quelli di Agrigento e che bisognava fare un regalino". Tre le ipotesi di tentata estorsione al centro del processo. In una veniva contestato ai due imputati di avere chiesto il pizzo ai costruttori come “messa a posto” per il fabbricato di via Mazzini che stavano realizzando. Per questo episodio è stato ritenuto colpevole il solo Militello: la Cassazione, infatti, ha dichiarato inammissibile il ricorso della difesa.

Un’altra estorsione era contestata al solo Massimino che avrebbe tentato di imporre l’assunzione di un operaio che di recente è stato arrestato in una vasta operazione antidroga: l’imprenditore, il 23 marzo del 2016, andò all'appuntamento, nel bar di fronte al tribunale, con il registratore acceso nascosto sotto la giacca e consegnò il nastro agli inquirenti. Per il giudice del processo di primo grado fu una semplice richiesta amichevole: di diverso avviso la Corte di appello che aveva riformato la sentenza riconoscendolo colpevole. La Suprema Corte, adesso, rimanda tutto in appello per un nuovo giudizio.

Un altro tentativo di taglieggiamento, contestato a entrambi, sarebbe consistito nel chiedere, con toni minacciosi, di saldare un debito di 85 mila euro con Salvatore Gambino, titolare di un'impresa che si occupa di impianti elettrici.

Secondo il gup di Palermo, questa ipotesi non integrava un tentativo di estorsione ma solo un "esercizio arbitrario delle proprie ragioni" che, sebbene aggravato, non sarebbe stato punibile senza una querela che non è mai stata presentata. Anche su questo punto, i giudici di appello avevano ribaltato il verdetto condannando entrambi gli imputati per l'accusa originaria di tentata estorsione aggravata. Infine la Cassazione, accogliendo il ricorso dei difensori (l'avvocato Salvatore Pennica assisteva Massimino, il collega Giovanni Castronovo è il legale di Militello), ha annullato la sentenza ritenendo, come già aveva fatto il giudice di primo grado, che il reato andasse riqualificato e quindi non fosse procedibile. 

Massimino, al 41 bis da 4 anni, di recente è stato condannato nell'inchiesta Kerkent (20 anni in appello) insieme allo stesso Militello (8 anni).

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