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Mafia Favara

Due arresti e una condanna per estorsione in pochi giorni, il "declino" di Quaranta prima di pentirsi

Il favarese era stato riconosciuto colpevole e gli era stata inflitta una pena di 6 anni nell'inchiesta "Kronio", dopo l'operazione "Montagna" gli era stata notificata una nuova ordinanza

Una condanna a sei anni di carcere per estorsione e un'altra ordinanza cautelare definitiva, che gli applicava i domiciliari col braccialetto elettronico, che si erano sommate all'arresto nel maxi blitz "Montagna": il pentimento del favarese Giuseppe Quaranta è stato preceduto da tre tegole giudiziarie che, evidentemente, devono avere pesato sulla sua decisione di saltare il fosso.

Quaranta ha iniziato a collaborare con la giustizia 

Il 16 gennaio, sei giorni prima di finire in carcere nell'operazione antimafia, è stato condannato dal gup di Catania, con rito abbreviato, nell'ambito dell'operazione "Kronio" che ipotizzava un episodio di racket mafioso ai danni di un imprenditore di Palma di Montechiaro che stava realizzando un campo di calcio a Palagonia. Quaranta, che per questi fatti rimase sempre libero, è stato riconosciuto colpevole di avere fatto da mediatore per l'imposizione del pizzo (circa 2.000 euro) all'imprenditore della sua provincia.

La "punciuta" e l'affidamento del latitante Di Gati 

Si trovava già in carcere, invece, quando gli è stata notificata l'ordinanza della Cassazione che confermava la decisione del riesame di applicargli i domiciliari, col braccialetto elettronico, per l'accusa di traffico di droga. Questa vicenda scaturiva dall'inchiesta della Dda di Catania, denominata "Proelio" in cui si ipotizzava un giro di droga e abigeato sull'asse Agrigento-Ragusa legato alle famiglie mafiose delle due province. 

L'intercettazione: "Mi sono sdegnato la macchina dello stomaco"

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