Droga e furti di bestiame col placet della mafia, indagati in silenzio
Si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere gli agrigentini coinvolti nell'operazione "Proelio" della Dda di Catania che ipotizza presunti legami fra Cosa Nostra agrigentina e ragusana
Si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere gli agrigentini coinvolti nell'operazione "Proelio" della Dda di Catania che ipotizza presunti legami fra Cosa Nostra di Vittoria e Comiso, nel Ragusano, con esponenti delle 'Ndrine calabresi e con esponenti della famiglia mafiosa Fragapane di Santa Elisabetta.
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Si tratta di Francesco Fragapane, 37 anni, di Santa Elisabetta, figlio di Salvatore, storico numero uno di Cosa Nostra agrigentina degli anni Novanta; Roberto Lampasona, 40 anni, di Santa Elisabetta; Antonino Mangione, 37 anni, di Raffadali; Giuseppe Quaranta, e 49 anni, di Favara. Gli interrogatori si sono celebrati fra le carceri di Agrigento e Catania. Fragapane, Lampasona e Mangione (difesi dagli avvocati Francesco Carrubba, Giuseppe Barba e Antonino Gaziano) sono stati interrogati per rogatoria dal gip Francesco Provenzano. Quaranta, sempre in mattinata è stato interrogato dal gip competente.
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Le indagini hanno permesso di accertare che un’altra delle attività criminali a cui si era dedicata Cosa Nostra vittoriese era l'abigeato, "compiendo una serie indeterminata di furti di capi di bestiame, in molti casi intere greggi di animali, - ricostruiscono gli inquirenti - ai danni di aziende di allevamento di varie province siciliane".