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Mafia Camastra

Il processo di mafia "Vultur" verso l'appello, Rita Meli: "Chi ci ha accusati non è in buona fede"

Lettera aperta della figlia di Rosario, condannato in primo grado a 17 anni e 6 mesi con l'accusa di essere il boss di Camastra. La donna lo difende: "Inaccettabile"

"Mi chiamo Rita Meli e stando alla sentenza dei Giudici di primo grado del processo “Vultur”, sarei figlia e sorella di uomini di mafia. Definizione inaccettabile". Inizia così la lunga lettera, inviata ad AgrigentoNotizie da Rita Meli, figlia di Rosario, il presunto boss di Camastra, condannato a 17 anni e 6 mesi di reclusione con l'accusa di essere il capo della famiglia mafiosa di Camastra.

La missiva è stata scritta a poche settimane dall'inizio del processo di appello, fissato per l'8 novembre, dove sarà discussa anche la condanna del fratello Vincenzo, al quale sono stati inflitti 14 anni e 6 mesi, sempre per associazione mafiosa.

"Sono un'insegnante - scrive - e non è stato semplice per me rapportarsi con la complessità del processo penale, un sistema fatto di pesi e contrattesi, dichiarazioni testimoniali ed esigenze di riscontri, intercettazioni ed utilizzabilità. Nonostante il tempo trascorso a stretto contatto con avvocati ed aule di giustizia mi guarderei bene dall’esprimere valutazioni prettamente giuridiche sul processo. Una regola, però, è comprensibile a tutti, e vale su ogni altra: l'accusa deve essere provata".

Rita Meli aggiunge: "Se è vero come è vero, infatti, che il convincimento dei giudici sulla colpevolezza degli imputati si è imperniato sulle dichiarazioni dei signori De Marco, Forti e Casuccio, proprio della loro contraddittorietà e della loro falsità devo e voglio parlare". La donna replica alle accuse degli imprenditori che hanno denunciato di essere state vittime di estorsione e contrattacca ricordando il contenuto di alcune intercettazioni eseguite nei confronti dei tre imprenditori mentre si trovavano in Questura.

"Come mai queste povere “vittime di mafia” attendevano di essere messe sotto scacco dalla Procura per denunciare i presunti soprusi dei Meli?", si chiede la donna che conclude: "Non chiedo vendetta ma giustizia attraverso l’oggettiva lettura degli atti. Ringrazio quanti avranno l’ardire di far conoscere un’altra versione dei fatti, alla ricerca della verità".
 

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