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Mafia Camastra

Mafia, la discoteca contesa fra i due boss: avvocato in aula chiarisce

Il legale Rino Lo Giudice: "Piombo si interessò del caso della discoteca solo perchè fui io a chiedergli una cortesia professionale"

“Sono stato io a chiedere a Calogero Piombo se poteva mettermi in contatto con i titolari della discoteca perché un mio cliente era interessato ad avere l’immobile in affitto e il contenzioso con i proprietari bloccava la procedura. Conosco Piombo in quanto mio cliente e gli chiesi di occuparsene”.

L’avvocato Rino Lo Giudice ricostruisce in aula i rapporti fra uno degli imputati del processo “Vultur”, scaturito dall’inchiesta che ricostruisce alcune vicende mafiose a Camastra e Canicattì, e i titolari di una discoteca che – sostiene l’accusa – sarebbe stata al centro di un vero e proprio “affaire” mafioso. La ricostruzione fornita dal professionista, davanti al collegio di giudici presieduto da Luisa Turco, è diametralmente opposta a quella ipotizzata dal pm della Dda Alessia Sinatra. Secondo l’accusa, il presunto capomafia di Camastra Rosario Meli nel 2012 si sarebbe accordato con l’imprenditore Giuseppe Morgante per la gestione della discoteca Link8, consegnandogli la somma di 10.000 euro. Essendo fuori dal suo territorio mafioso andò a chiedere informazioni su chi fosse il suo interlocutore ma non ricevette informazioni precise e, quindi, proseguì ugualmente. Nel frattempo, però, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, il vecchio boss Lillo Di Caro esce dal carcere e chiede conto e ragione dell’iniziativa di Meli che fa un passo indietro e decide di tirarsi fuori con l’intenzione, però, di recuperare i 10 mila euro “investiti”.

Di Caro, che in sostanza avrebbe voluto subentrare lui nella gestione, ritarda la restituzione. Nella vicenda si inserisce anche il tabaccaio Calogero Piombo che contatta Morgante. L’avvocato Rino Lo Giudice, però, spiega che è stato solo per la sua richiesta professionale che si sarebbe occupato del caso. “Un mio cliente era interessato ad acquisire quell’area per aprire un negozio di prodotti per l’agricoltura. Il proprietario dei locali mi disse che c’era in corso uno sfratto perché i Morgante non avevano pagato l’affitto. Visto che il mio cliente era interessato a risolvere la questione anche accollandosi alcuni canoni pregressi, pur di ottenere l’affitto della discoteca, chiesi a Piombo di mettermi in contatto con Morgante che era di Camastra come lui. Piombo era stato mio cliente per diverse questioni di natura civilistica e tributaria”. So che fecero una transazione e si misero d’accordo. Nella lista degli imputati, oltre a Rosario Meli, il figlio Vincenzo Meli, 46 anni; Calogero Piombo, 65 anni, di Camastra; e Calogero Di Caro, 70 anni, di Canicattì. Le accuse ipotizzate sono di associazione mafiosa ed estorsione. 

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