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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia

Massimino "u nuovo papà", il Gip: "Anche i parenti di Gerlandino Messina si sono assoggettati a lui"

Il giudice per le indagini preliminari: "Dopo la scarcerazione, avvenuta in data 16 gennaio 2015, è assurto ai vertici di Cosa Nostra agrigentina"

Non soltanto le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, ma anche gli incontri che sarebbero stati documentati dagli investigatori e, fra le tante, quella conversazione intercettata - il 16 luglio del 2015 - con Eugenio Gibilaro. Si parlava - ricostruisce il Gip del tribunale di Palermo - del recupero di un credito. E durante questa conversazione Massimino si sarebbe definito "Il papà nuovo". Ma c'è anche un'altra conversazione - intercettata il 18 dicembre del 2015 - che riconoscerebbe il presunto ruolo apicale di Massimino. Il cinquantunenne avrebbe riferito a Giuseppe Messina che Lombardozzi "lo aveva chiamato e gli aveva detto di non cedere più sostanze stupefacenti ad un pusher agrigentino".

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"Massimino Antonio risulta già definitivamente condannato per associazione di tipo mafioso in forza delle sentenze emesse all’esito dei procedimenti scaturiti dalle operazioni di polizia giudiziaria convenzionalmente denominate 'Akragas' e 'San Calogero' - scrive, nelle valutazioni, il Gip Walter Turturici - . Con dette sentenze è stata accertata l’intraneità di Massimino Antonio, anche con ruolo apicale, alla famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta. Merita di essere sottolineato che, nel secondo dei due procedimenti, all’affermazione di colpevolezza di Massimino Antonio si è pervenuti anche in ragione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Maurizio Di Gati (già capo dell’intera provincia mafiosa di Agrigento e quindi fonte di conoscenza di privilegiata affidabilità) e Ignazio Gagliardo. I lunghi periodi di detenzione carceraria - in piena conformità ad un dato ormai di comune esperienza - non hanno sortito l’effetto di recidere il nesso di appartenenza di Massimino Antonio all’ente associativo di tipo mafioso - scrive ancora il giudice per le indagini preliminari - . Di converso, a seguito della sua scarcerazione, avvenuta in data 16 gennaio 2015, Massimino Antonio è assurto ai vertici di Cosa Nostra agrigentina.
In tal senso inequivocamente depongono le dichiarazioni di Quaranta Giuseppe".

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"Le propalazioni di Quaranta convergono con quelle di Ignazio Gagliardo - scrive il Gip - . Affermata la credibilità soggettiva e l’attendibilità intrinseca del collaboratore di giustizia Quaranta Giuseppe, deve evidenziarsi che le dichiarazioni di quest’ultimo — che colloca Massimino Antonio ai vertici del mandamento mafioso di Agrigento - sono estrinsecamente corroborate dagli esiti delle attività captative
espletate nel presente procedimento. Il riferimento, in particolare, è al contenuto della conversazione ambientale intercettata in data 28 ottobre 2015, nel corso della quale Di Nolfo Alessio riferisce a (omissis) che Massimino Antonio è assurto al rango di uomo di vertice della
famiglia di Villaseta in forza dell’investitura proveniente dal noto Lombardozzi". 

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"Sempre nel contesto delle conversazioni intercettate, Di Nolfo Alessio - scrive il giudice per le indagini preliminari di Palermo, Walter Turturici - esalta l’assoluta supremazia di Massimino Antonio, la quale si è estesa anche alla zona di Porto Empedocle. Tanto si desume dalle seguenti parole del Di Nolfo: '...alla “Marina” nessuno può parlare più, muti, tutti sotto di lui sono.. Messina . .tutti. . .tutti....x’; <.c..lui comanda...'. Emerge, dunque, che anche soggetti appartenenti al nucleo parentale di Gerlando Messina Gerlandino (fino al momento del suo arresto esponente di vertice di Cosa Nostra agrigentina) si sono sottomessi a Massimino Antonio".

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