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Giovedì, 18 Aprile 2024
Mafia Alessandria della Rocca

Ucciso per un favore al clan, i legali della vittima: "Richiesta di pena di 5 anni non proporzionata"

Il figlio dell'imprenditore Vincenzo Antonio Di Girgenti, che risiede in Inghilterra da anni, era presente in udienza al tribunale di Palermo, all'udienza del processo in cui è imputato l'ex poliziotto e killer Pasquale Di Salvo. Il difensore di parte civile: "Proposta di condanna non congrua"

"La richiesta di pena di 5 anni di reclusione non è proporzionata alla gravità del fatto, le attenuanti previste dalla legge non possono essere sufficienti per una sentenza di condanna così mite".

L'avvocato di parte civile Angelo Farruggia ha replicato così al pubblico ministero della Dda di Palermo, Gaspare Spedale, che, all'udienza precedente, aveva chiesto la condanna per  l'ex poliziotto mafioso, poi pentito Pasquale Di Salvo, 59 anni, reo confesso dell'omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, commesso ad Alessandria della Rocca, il 13 settembre del 1994. 

La pena proposta è assai lieve per le riduzioni di rito abbreviato, attenuanti generiche e, soprattutto, attenuanti speciali previste dalla legge per i collaboratori di giustizia. Il figlio di Di Girgenti, residente in Inghilterra da tanti anni, era presente al tribunale di Palermo al processo in cui è parte civile.

La storia dell'imputato è particolare e variegata. Da agente di scorta di uno dei principali simboli della lotta alla mafia era diventato killer di Cosa nostra e, infine, collaboratore di giustizia che ha fatto luce su una serie di omicidi. Il processo è in dirittura di arrivo, con rito abbreviato, davanti al gup di Palermo Annalisa Tesoriere. L'ex agente imputato, negli anni Ottanta, fece da scorta al giudice Giovanni Falcone e poi fu buttato fuori dalla polizia dopo essere stato sorpreso in compagnia di un rapinatore in Svizzera.

Di Salvo, oggi detenuto dopo una condanna per associazione mafiosa ed estorsione, ha da tempo deciso di collaboratore con la giustizia e ha confessato alla Dda di Palermo, di essere responsabile, insieme a Luigi Panepinto, Maurizio Panepinto e Calogero Panepinto, dell’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti.

Il delitto, commesso dietro compenso, sarebbe la risposta armata al precedente delitto di Ignazio Panepinto, familiare degli altri presunti complici da lui tirati in ballo ma, al momento, fuori dall'inchiesta.

Di Salvo, a partire dal 2016, ha svelato uno dei delitti che, tra il 1978 e il 1997, insanguinarono Cianciana, Alessandria della Rocca, Santo Stefano di Quisquina e Bivona. In quegli anni furono uccisi Pietro Longo, Calogero Cinà, Tommaso Coniglio, Vincenzo Montalbano, Pietro Sicardi, Francesco Paolo Picarella, Paolo Calandrino, Giuseppe Patrinostro, Diego Passafiume, Ignazio Panepinto, Calogero Panepinto, Francesco Maniscalco, Emanuele Sedita, Giovanni Carbone, Angelo Mario Piazza, Antonino Russo. L’ex poliziotto sostiene di conoscere i collegamenti fra quattro di questi omicidi. Il primo a cadere, il 21 marzo del 1994 a Bivona, è proprio Ignazio Panepinto. Qualcuno fra i familiari della vittima si attiva per la vendetta e, secondo la ricostruzione della vicenda, chiede aiuto proprio a Di Salvo per ammazzare Antonio Vincenzo Di Girgenti, il 13 settembre del 1994. Sei giorni dopo, il 19 settembre ’94, il duplice omicidio di Calogero Panepinto e Francesco Maniscalco. Qualcuno ha risposto all’esecuzione di Antonio Di Girgenti, allungando la scia di sangue. 

Il processo è ormai agli sgoccioli (pure la difesa di Di Salvo ha illustrato la sua arringa) e il 13 luglio si concluderà con la sentenza.

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