Lite fra vicini di casa per il posteggio, arrivano le minacce: "Ti uccido, ti sparo in testa"
La polizia ha raccolto la querela di parte e l’ha inoltrata – per l’ipotesi di reato di violenza privata – alla Procura
Che i rapporti fra vicini di casa non fossero buoni era risaputo. Due fratelli – a dire del denunciante – non avrebbero voluto che il cinquantenne canicattinese posteggiasse la propria auto nei pressi della sua abitazione. Molestie, disturbo e alterchi avrebbero caratterizzato dunque i rapporti di vicinato. Fino ad arrivare al punto che, per impedire al cinquantenne di posteggiare, l’uomo sarebbe stato strattonato e minacciato di morte. “Ti ammazzo, ti sparo in fronte”. E ancora: “Ti uccido, ti sparo in testa” – questo quello che il cinquantenne si sarebbe sentito dire dopo l’ennesima discussione per quel “benedetto” parcheggio.
Ed è questo quello che l’uomo ha denunciato, negli scorsi giorni, ai poliziotti del commissariato di Canicattì. Gli agenti hanno raccolto, naturalmente, la querela di parte e l’hanno inoltrata – per l’ipotesi di reato di violenza privata – alla Procura della Repubblica di Agrigento. A finire nei guai è stato un trentottenne canicattinese, un uomo che – a dire del denunciante – avrebbe anche brandito un grosso tubo in metallo.
La situazione fra vicini di casa viene, adesso, monitorata – per evitare che possano registrarsi altri alterchi e rischiano, appunto, di trascendere – dagli agenti del commissariato di Canicattì.
Capita spesso, purtroppo, che i rapporti di vicinato non siano dei migliori e che si inneschino, per un motivo o per un altro, liti, diatribe e alterchi. Di norma, resta tutto nella sfera privata dei protagonisti. Ma talvolta, come nell’ultimo caso registratosi a Canicattì, si arriva anche – stando alla querela di parte – alle minacce. E anche pesanti. Ed ecco dunque che tutto finisce sulle scrivanie di forze dell’ordine prima e sostituto procuratore di turno dopo. In questo caso, l’ipotesi di reato configurata, a carico del trentottenne, è violenza privata. Ma non è escluso che il pm possa anche contestare l’ipotesi di reato di minacce aggravate dall’utilizzo del tubo di metallo di circa un metro.