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Cronaca Campobello di Licata

"Il latitante in fuga da Rebibbia protetto dai carabinieri", il processo non sarà azzerato

Il giudice Antonio Genna, che compone il collegio insieme a Giuseppe Miceli e alla presidente Wilma Angela Mazzara, ha giudicato, assolvendolo, uno dei dieci imputati la cui posizione è stata stralciata, diventando incompatibile: la difesa dà il consenso a proseguire

Il processo nei confronti dei componenti della rete di presunti fiancheggiatori del boss di Delia, Cesare Genova, evaso dal carcere romano di Rebibbia l’11 aprile del 2010, è salvo e non sarà azzerato. Il giudice Antonio Genna, che compone il collegio insieme a Giuseppe Miceli e alla presidente Wilma Angela Mazzara, ha processato, assolvendolo, uno dei dieci imputati la cui posizione è stata stralciata, diventando incompatibile. La circostanza, scoperta solo nelle scorse settimane, quando il dibattimento era quasi in dirittura di arrivo, ha portato, ieri, alla dichiarazione di astensione da parte del magistrato.

La difesa, in particolare l’avvocato Santo Lucia, ha dato il consenso a utilizzare gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e il processo si potrà concludere senza ripartire da capo. L’inchiesta partì, in maniera quasi casuale, da un’altra indagine a carico del carabiniere Andrea Mirarchi, 41 anni, coinvolto in una rapina in un’abitazione ad Aragona. “L’auto del nostro collega è stata vista nei pressi del luogo della rapina, abbiamo iniziato a intercettarlo – aveva raccontato in aula il maresciallo dei carabinieri Vincenzo Trombatore, uno dei testi principali – e ci siamo accorti che era inserito in un giro strano insieme a due fratelli. Parlavano sempre al telefono di un certo zio Peppe”.

E' l’appellativo, in codice, che sarebbe stato dato a Cesare Genova, fuggito da Rebibbia, dove stava scontando un ergastolo per omicidio, e protetto, per motivi mai chiariti, da una rete di fiancheggiatori agrigentini e persino da alcuni carabinieri. L’anziano boss di Delia, che aveva approfittato di un permesso premio, fu catturato il 14 luglio dell’anno successivo nelle campagne dell’Agrigentino fra Canicattì e Campobello. 

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