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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Italcementi, il presidente dell'Aics Petix: "Tutelare posti di lavoro"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di AgrigentoNotizie

Alla luce dei recenti fatti verificatisi, degli sviluppi e di tutti gli elementi che hanno riguardato la problematica inerente lo stabilimento Italcementi di Porto Empedocle il Presidente Provinciale dell’AICS, Giuseppe Petix interviene dichiarando: “Il fondatore del mio Ente (AICS) era il Ministro socialista del Lavoro e della previdenza sociale Giacomo Brodolini che fu tra gli artefici dello Statuto dei lavoratori. Questo avvenne perché egli era attivo nel mondo sindacale tanto da essere il segretario nazionale della Federazione lavoratori Edili (FILLEA) della CGIL. Nel piccolo basti pensare che il mio predecessore, il prof. Calogero Basile, fu Segretario Provinciale aggiunto della CGIL. L’AICS per tradizione e per vocazione storica, ha sempre avuto un stretto legame con il mondo del sindacato e con l’azione di promozione del lavoro da una parte e con la tutela del lavoratore dall’altra.

Da osservatore attento di tutto ciò che accade nella mia provincia non potevo fare a meno di esprimere preoccupazione riguardo lo stabilimento Italcementi di Porto Empedocle in vista dell’imminente scadenza degli ammortizzatori sociali. In tale ambito manifesto piena condivisione della posizione ed delle ragioni assunte da Manlio Cardella segretario provinciale del sindacato della Confael.

Io posso giudicare da osservatore esterno, posso condividere anche piccole azioni (anche esse vogliono dire tanto) che i sindacati, nell’ambito locale, pongono in essere e pertanto condivido e condividiamo il richiamo ai valori del pluralismo e della democrazia così come la difesa ad oltranza dello stabilimento Italcementi nel comune di Porto Empedocle che la Confael vuole portare avanti.

Bisogna condividere la proposta della Confael di riconsiderare tale stabilimento come impianto produttivo nell’interesse più generale della ripresa a pieno ritmo dell'occupazione, delle imprese locali e della comunità di Porto Empedocle.

Penso che in questo momento tale proposta sia una vera e credibile soluzione che affranca gli operai dalla schiavitù dei soli ammortizzatori sociali ad oggi garantiti dai tre grandi sindacati e dalla azienda. La scelta della Confael e a questo punto anche dell’AICS (anche se solo d’opinione) di porre il lavoro come la vera priorità a cui devono puntare i lavoratori con il sostegno dell'amministrazione comunale di Porto Empedocle e della Regione Sicilia, dovrebbe essere tenuta in altissima considerazione. Questa considerazione potrebbe essere espressa dalla chiara azione del comune di Porto Empedocle e della Prefettura nel favorire l'apertura del tavolo di Confindustria anche alla Confael per la giustezza della posizione assunta da questo sindacato anche in relazione ai gravi  indicatori della disoccupazione e della povertà che interessano oltre la realtà empedoclina anche la provincia Agrigento.

La vera azione sindacale ai nostri giorni  si afferma solo con la capacità di interpretare e rappresentare il mondo del lavoro, i lavoratori e le loro famiglie e i bisogno della collettivita.

Da anni penso che il mondo sindacale italiano, sia  poco capace di rappresentare le istanze di giovani, dei disoccupati, dei precari e anche dei lavoratori del settore privato, appiattendosi sulle battaglie per i pensionati e, in misura minore, per i lavoratori tutelati, statali in testa. Poi si lamentano che le categorie deboli stanno (a mio avviso giustamente) abbandonando il sindacato.

Il sindacato non riesce a captare autonomi e precari che sono sempre di più, mentre si conferma un riferimento importante nella pubblica amministrazione. Può sembrare un controsenso che, ad esempio, il più grande sindacato dei lavoratori sia composto soprattutto da pensionati, ma è fisiologico. È lo specchio dell'Italia produttiva.

Ora allontanandomi dalla mera questione di Porto Empedocle voglio lasciarmi andare ad una considerazione giovanile, visto che ho solo 29 anni: oggi noi giovani che apparteniamo ad una generazione che sta peggio dei padri, non riusciamo a delegare il nostro presente in mano a nessuno. Abbiamo visto scelte insane da parte delle istituzioni e dei sindacati, dopo anni di crisi economica che ha lasciato dietro di sé la chiusura di realtà produttive importanti, come quella di Porto Empedocle, facendo perdere in modo considerevole di posti di lavoro. Chi osserva è ovvio che rimanga lontano dal sindacato soprattutto se è un autonomo o un precario che è abituato a vivere alla giornata, sbrigandosela da solo.

Io chiedo un vero patto intergenerazionale, in discontinuità con quelli finti fatti fino ad oggi in cui i giovani sono sempre più poveri e rischiano di essere rottamati senza essersi potuti mettere nemmeno in gioco. Io di certo avrò una visione romantica ma penso che dovremmo orientarci verso un nuovo modo di far sindacato e ho fiducia nella Confael, perché spero che essa non tradirà il mio bisogno e il bisogno delle nuove generazioni, di affermazione della vera essenza del sindacalismo, di quelle nobili forme di solidarietà collettiva che ancora oggi sono indispensabili.

Bisogna evitate che la rabbia e la disperazione diventino rassegnazione devastante. Le istituzioni e i sindacati dovrebbero captare l’elettricità dell’aria e dovrebbero comprendere che stiamo vivendo dei profondissimi mutamenti nella società e non possono rimanere “quelli di sempre”.

Fra un tempo poco lontano saranno di fronte alla rabbia dei giovani e la rabbia talvolta è irrazionale ed essa, senza chi è capace di dargli contenuto e forma positiva, si sfoga nelle peggiori forme, trovando sulla strada parecchi “approfittatori professionisti”, come la cronaca di questi giorni conferma. Il sindacato, invece, trasforma il singolare in plurale, dà forma costruttiva alla rabbia, senza ovviamente tornare all’800 né agli anni settanta. Servono scelte radicali, rifondative e rigeneratrici. Non bisogna rottamare solo i lavoratori o i dirigenti ma soprattutto rottamare il Pensiero. Oggi, al contrario, si rottama il nuovo per tutelare il vecchio e secondo me chi difende solo i diritti di pochi, chiamandoli “acquisiti” non sa fare il sindacalista. Se i diritti non riguardano tutti, vanno chiamati in altro modo.


Con la “venuta” di Renzi in Sicilia e con la firma del “Patto per la Sicilia” si è stabilita l’attuazione di opere e perché non pensare da subito all’attivazione dello stabilimento Italcementi di Porto Empedocle? Lo Stato da qualcuno lo dovrà comprare il cemento per fare le opere, a meno che non si sia già deciso di deindustrializzare la Sicilia e di comprarlo altrove.

Ma la vogliamo smettere con il populismo? Per ora va di moda il reddito di cittadinanza, idea ampiamente popolare, ma anzi di puntare solamente sull’irretire o rabbonire il popolo con un “sussidio” perché non creare opportunità? Io sono contro modelli sociali in cui metà dei lavoratori si prende, invece del lavoro, l’assistenza del reddito di cittadinanza.

Attenzione io apprezzo l’intenzione di una vera e propria manovra economica come quella del reddito di cittadinanza perché sono tanti i cittadini che fanno sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese, quelli che non riescono nemmeno più a comprare le medicine o a pagare il mutuo perché hanno perso il lavoro. Ma bisogna oltre a dare una mano ai cittadini che sono rimasti indietro anche dare loro una mano a proiettarsi avanti!

Le nostre giovani generazioni di unità lavorative, sono poco competitive in un mercato del lavoro globale; noi abbiamo un gap di competenze tra domanda e offerta di lavoro che è il più alto d’Europa.

Investiamo sulla formazione, quello sì è un diritto fondamentale. Io parlo di formazione vera dove chi si accinge a formarsi metta tutte le sue forze per imparare e non si accosti alla formazione come un passatempo tanto per recuperare un rimborso e sia chiaro che per formazione non intendo ancora il “corso di computer” e il “corso di inglese”.

Concludendo voglio chiarire che non sono contrario al Reddito di Cittadinanza ma voglio solamente che le Istituzioni, la politica e i sindacati non perdano mai di vista la vera battaglia del lavoro e della crescita sostenibile e non puntare sull’assistenza, perché poi dietro le promesse e le chiacchiere ci vogliono le risorse per metterle in pratica!

La cittadinanza più forte è quella del lavoro, non quella dell’assistenza e penso che anche la Confael ha scelto di  puntare nettamente al tema prioritario del lavoro e di non asservirsi al potere di grandi interessi.  Spero che la mia esternazione possa far scaturire collaborazioni e non polemiche. Mi dovevo intromettere perché stretto è il rapporto tra il mondo della cultura, il mondo del lavoro e il mondo del sociale”

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