Ingegnere accusato di avere rapinato una prostituta con un coltello, maresciallo in aula: "Avvisati da un confidente"
Il sottufficiale dei carabinieri ha raccontato che un amico della donna, fonte riservata dei militari, li avvisò di quanto era accaduto. Il professionista si difende e chiama a deporre un consulente per dimostrare che si trovava allo studio tecnico quando la donna è stata aggredita
"Una fonte confidenziale ci avvisò che una prostituta era stata rapinata, poi la donna presentò una denuncia in caserma e riconobbe un uomo come suo aggressore". Un maresciallo dei carabinieri ha ricostruito così, in aula, davanti ai giudici della prima sezione penale, presieduta da Alfonso Malato, le prime battute dell'indagine che ha fatto finire a processo Massimiliano Piraneo, ingegnere di 44 anni, accusato di avere rapinato una prostituta con un coltello.
La dominicana di 27 anni aveva confermato, in occasione dell'incidente probatorio, le accuse che avevano fatto finire il professionista agli arresti domiciliari. Piraneo - secondo quanto ha denunciato la donna - dopo avere fissato al telefono un appuntamento con lei per una prestazione sessuale a pagamento, si sarebbe presentato nella sua abitazione e, prima di andare via, avrebbe afferrato un coltellino che teneva in un borsello e l'avrebbe strattonata a un braccio per costringerla a dargli i soldi che aveva in casa.
Il professionista sarebbe poi fuggito, secondo il racconto della donna, dopo avere afferrato una borsa con circa 1.000 euro, conservata in un armadio. Il carabiniere, rispondendo al pm Maria Barbara Grazia Cifalinò e al difensore dell'imputato, l'avvocato Salvatore Pennica, ha raccontato che, dopo la telefonata al 112, fu rintracciato Piraneo dal registro delle chiamate in arrivo del telefono della donna e, una volta portato in caserma, fu riconosciuto dalla prostituta anche perchè aveva un tatuaggio a un braccio.
All'udienza precedente anche il maresciallo Nicola Moretto aveva raccontato l'identificazione dell'attuale imputato da parte della vittima. Si torna in aula il 27 febbraio per sentire gli altri testi della lista del pubblico ministero.
L'imputato, tuttavia, ha sempre negato i fatti e punta a dimostrarlo attraverso una consulenza tecnica che sarà esaminata in aula nel corso della prossima udienza, fissata dai giudici per il 24 aprile. Un esperto informatico ha esaminato le celle telefoniche e sostiene che l'imputato, il 17 luglio del 2019, quando è stata commessa la rapina, si trovava allo studio tecnico. La circostanza, quindi, rappresenterebbe un alibi.