"Ha il diritto di lavorare e guadagnarsi da vivere", il trafficante-ultrà potrà andare nel suo bar
Il gup di Palermo, davanti al quale il 43enne Andrea Puntorno, è imputato nell'ambito dell'inchiesta Kerkent, lo autorizza a portare avanti la sua attività dalle 6 alle 19 nonostante si trovi agli arresti domiciliari
"Le documentate esigenze lavorative meritano di essere valutate con prevalenza sulle attuali ragioni della cautela". Il gup di Palermo, Fabio Pilato, davanti al quale si sta celebrando il processo scaturito dall'inchiesta antimafia "Kerkent", autorizza il quarantatreenne agrigentino Andrea Puntorno, ai domiciliari con l'accusa di aver fatto parte del gruppo legato al boss Antonio Massimino che gestiva il narcotraffico, ad esercitare la propria attività lavorativa.
Il giudice, in sostanza, accogliendo la richiesta del suo difensore, l'avvocato Salvatore Pennica, con il parere favorevole del pubblico ministero, lo ha autorizzato a lavorare nel suo bar del Quadrivio dalle 6 alle 19.
Puntorno, che ha alle spalle diverse vicissitudini giudiziarie, di recente era stato coinvolto nell’inchiesta sui traffici illeciti attorno agli ambienti del tifo organizzato della Juve. Una ricostruzione che aveva fatto lui stesso decidendo di partecipare, come ospite, alla trasmissione Rai, Report, dove aveva descritto il giro di bagarinaggio del quale avrebbe fatto parte. “Il business c’è. Io guadagnavo anche 30, 40 mila euro. Mi sono comprato due case, ho comprato anche un panificio. Perché ci chiamavamo ‘Bravi ragazzi’? Ci siamo ispirati ad un film. I biglietti? Arrivavano dalla Juve”. L’ultima condanna rimediata, a 6 anni e 6 mesi di carcere, non è stata ancora del tutto scontata.
Narcotraffico e bagarinaggio, nel 2016, gli sono valsi una maxi confisca di beni che, negli anni successivi, è stata confermata dalla Cassazione. I pm, nell'inchiesta "Kerkent", gli contestavano l’accusa di concorso esterso in associazione a delinquere e una singola ipotesi di cessione di droga: in particolare, secondo l’accusa, avrebbe organizzato il trasporto di un carico di oltre mezzo chilo di cocaina dalla Calabria. Per l’accusa di concorso esterno, però, già annullata in sede cautelare da riesame e Cassazione, i pm hanno chiesto l’assoluzione ritenendola non sufficientemente provata. La conseguenza è che la pena richiesta – 6 anni – è quella inferiore fra tutti i ventotto imputati del troncone abbreviato del processo.