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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Siculiana

L'inchiesta sulla Scala dei Turchi, il gip condanna il proprietario della scogliera

La multa da 13.600 euro (con sospensione condizionale della pena e ordine di restituzione all'imputato del bene sequestrato) è stata stabilita per occupazione di suolo demaniale, violazioni in materia di sicurezza e tutela di beni ambientali. La difesa: "Nessuna occupazione di demanio, il decreto sarà impugnato"

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, ha condannato al pagamento di una multa da 13.600 euro (con sospensione condizionale della pena e ordine di restituzione all'imputato del bene sequestrato) Ferdinando Sciabarrà, 73 anni, che ha sempre sostenuto di essere il proprietario della Scala dei Turchi, scogliera che venne sequestrata il 27 febbraio dello scorso anno. A richiedere, al gip del tribunale di Agrigento, il decreto penale di condanna - lo scorso 20 luglio - era stata la Procura che è coordinata da Luigi Patronaggio. Si conclude in questo modo l'indagine penale - che era stata aperta sulla Scala dei Turchi - per occupazione di suolo demaniale, violazioni in materia di sicurezza e tutela di beni ambientali. Sciabbarrà è stato difeso dagli avvocati di fiducia Antonino Cremona, Giuseppe Scozzari e Salvatore Palillo. 

L'inchiesta sulla Scala dei Turchi, Procura chiede decreto penale di condanna per il proprietario

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Sciabbarrà era imputato "d'aver arbitrariamente occupato una porzione del demanio necessario marittimo e d'averne impedito l'uso pubblico e, in particolare, per aver preteso lo sfruttamento economico dell'area conosciuta come Scala dei Turchi; d'aver, nella qualità di possessore di fatto dell'intera area, ad alta pericolosità geologica nel suo versante Ovest, omesso di collocare segnali e ripari; d'aver, in qualità di possessore di fatto, in concorso con soggetti allo stato non identificati, in tempi diversi con più azioni e commissioni, deteriorato e comunque danneggiato il sito conosciuto come Scala dei Turchi, provocando un nocumento al patrimonio archeologico, storico e artistico nazionale e in particolare per non aver impedito il danneggiamento della marna attraverso graffiti e carotaggi".

Con l'emissione del decreto penale - che è soggetto comunque ad opposizione - si chiude l'inchiesta penale della Procura di Agrigento che ha rimesso alla Regione la proprietà e la gestione di almeno due particelle.  

La difesa: "Nessuna occupazione di demanio, il decreto di condanna emesso senza contraddittorio"

Gli avvocati - Antonino Cremona, Giuseppe Scozzari e Salvatore Palillo - che assistono Sciabbarrà, nel ribadire che l’area interessata è stata comunque dissequestrata e restituita al legittimo proprietario, precisano che "non c’è stata alcuna occupazione di spazio demaniale".

I legali spiegano anche che il decreto penale di condanna è stato emesso con la formula “Inaudita altera pars” che prevede l’assenza di qualsiasi contraddittorio. In genere viene utilizzata per fronteggiare situazioni in cui il trascorrere del tempo cagionerebbe un danno al diritto per il quale si chiede tutela.

Dunque le tre particelle interessate dal sequestro - come sottolineano ancora gli avvocati Antonino Cremona, Salvatore Palillo e Giuseppe Scozzari - sono state restituite al legittimo proprietario.

Gli avvocati hanno anche precisato che la parte restituita alla Regione è solo quella demaniale, mai oggetto di occupazione da parte di Ferdinando Sciabbarrà. Inoltre la difesa sta valutando, con il proprio assistito, l’ipotesi di opporre il decreto penale di condanna.

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