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Cronaca

"Volevano essere trasferiti sulla terraferma e hanno appiccato l'incendio", arrestati 4 tunisini

I ventenni sono stati ritenuti i responsabili del rogo che ha devastato uno dei padiglioni dell'hotspot. Struttura per la quale il Viminale ha disposto la temporanea chiusura

Pensavano che incendiando l'hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa venissero accelerate le procedure di trasferimento sulla terraferma. Terraferma dove speravano di riuscire a far perdere le proprie tracce. Quattro tunisini sono stati arrestati- dalla Squadra Mobile della Questura di Agrigento, che 365 giorni all'anno è presente all'interno della struttura di identificazione e accoglienza - per l'incendio appiccato, lo scorso 8 marzo, in uno dei padiglioni. 

Incendiato padiglione dell'hotspot, crolla parte di soppalco

All'identificazione dei quattro tunisini si è arrivati - secondo quanto è stato reso noto durante la conferenza stampa organizzata in Questura - grazie ad una articolata e per niente semplice attività investigativa. Un'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Paola Vetro, che ha permesso, ai poliziotti, d'accertare che - lo scorso 8 marzo - prima c'era stata una protesta, da parte di un gruppetto di migranti, che non voleva più restare nella struttura. Poi, è stato appiccato l'incendio ad uno dei padiglioni dell'hotspot e alcuni migranti si sarebbero anche frapposti all'intervento dei vigili del fuoco. I tunisini volevano, di fatto, che i pompieri ritardassero l'intervento lasciando, dunque, il tempo alle fiamme per devastare tutti gli interni. 

IL VIDEO. Fuoco al centro d'accoglienza, super lavoro per i pompieri 

I quattro tunisini, che sono risultati ospiti dell'hotspot da circa 20 giorni, sono stati portati al carcere di contrada Petrusa. Si tratta di Baugugra Elabed di 26 anni; Sami Ben Ali di 41 anni; Omar Kasmi di 20 anni e Samah Chroudi di 26 anni. Nei giorni scorsi, il Viminale ha disposto la temporanea chiusura - per consentire i lavori di manutenzione straordinaria - della struttura. "Un apprezzamento a tutto il personale che presta servizio su Lampedusa perché si espone per l'assistenza e l'accoglienza e poi laddove possibile, e spesso non è facile, in attività per dare un nome e un volto, in collaborazione con la Procura della Repubblica di Agrigento, a chi si è reso responsabile di una fatto molto pericoloso - ha commentato il questore Maurizio Auriemma - . Molto pericoloso perché c'erano persone, all'interno del padiglione, che dormivano quando hanno dato fuoco". 

Le collaborazioni

Molti dei migranti ospiti della struttura hanno collaborato, con dichiarazioni che hanno permesso di arrivare all'identificazione dei presunti autori dell'incendio, con la polizia di Stato. "Abbiamo sentito dei migranti che hanno fornito degli elementi circostanziati ben precisi. Per loro collaborare significa avere una ulteriore possibilità di arrivare sulla terraferma" - ha spiegato il dirigente della Squadra Mobile, Giovanni Minardi, - .   

Le indagini proseguono 

Nelle ultimi mesi, all'interno dell'hotspot, sono stati sparati dei razzi e dei fumogeni. "E' emerso che sono stati sparati dagli stessi migranti che li avevano rubati nelle barche - ha spiegato, durante la conferenza stampa, il dirigente della Squadra Mobile: Giovanni Minardi - per convincere l'opinione pubblica che fossero stati sparati dagli italiani nei confronti dei migranti".

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