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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Il naufragio di Crotone, il comitato 3 ottobre: "Le vittime non vengano sparpagliate in decine di cimiteri"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di AgrigentoNotizie

Sono passati sette giorni dal naufragio di Steccato di Cutro e si avvicina sempre più la data in cui le sessantanove salme verranno tumulate. Come Comitato 3 ottobre abbiamo visto in seguito al naufragio del 3 e 11 ottobre 2013 a Lampedusa, come le salme siano state inumate in innumerevoli cimiteri della Sicilia lontani l’uno dall’altro centinaia di chilometri. Per i parenti delle persone morte e scomparse da quel giorno è iniziata una “macabra caccia al tesoro” per sapere dove fossero stati sepolti i loro cari.

Alla luce di questa triste consapevolezza, siamo a chiedere alle Autorità: al sindaco di Cutro, alla Prefetta di Crotone, alla Procura della Repubblica di Crotone che le salme non vengano sepolte in decine e decine di cimiteri sparsi in tutta la Regione e che vengano resi pubblici i luoghi di sepoltura in modo che i parenti delle persone morte abbiano modo di trovare con facilità le tombe su cui poter ricordare i propri cari anche in futuro.

Siamo consapevoli che, purtroppo, per la maggior parte di loro ci sarà ad accoglierli un tumulo di terra e una lapide o un cartellino con un numero assegnato dalle Autorità. Persone senza un nome che si aggiungeranno ad altri corpi di persone sepolte senza un’identità che andranno ad aggiungersi alle oltre 7.500 persone che hanno ricevuto un’anonima sepoltura in più di 70 cimiteri tra Turchia, Grecia e Italia (stima BBC).  “Non vorremmo che si ripetesse una storia già vista. Quando i riflettori si spegneranno, noi vorremmo che le coscienze di tutti rimanessero accese e che quei corpi possano avere un luogo dignitoso in cui riposare. Che non siano corpi senza volto e senza nome, sepolti con un semplice numero in loculi anonimi e spesso fatiscenti, che cancellano ogni identità, ogni ricordo e ogni possibile riferimento per i familiari ancora in vita" dice Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre e continua: “La nostra battaglia è per dare un nome e una degna sepoltura alle vittime. Negare, infatti, questo diritto è contro ogni principio di umanità. Ogni persona ha diritto a una degna sepoltura così come i familiari hanno diritto di avere un luogo in cui ricordare e piangere i propri cari. Oltre alle procedure di sepoltura, l’Italia dovrebbe conservare le informazioni utili alla futura identificazione dei corpi, come previsto dal diritto internazionale. In casi come questi, in cui non si conoscono tutti i nomi significa basarsi soprattutto sui cosiddetti dati post-mortem: oggetti trovati sul corpo come telefoni e portafogli, testimonianze e campioni di tessuto su cui eseguire test del DNA. Per una migliore identificazione sarebbe stato utile poter eseguire anche un esame autoptico, ma anche in questo caso non è avvenuto a causa della mancanza di un Protocollo Unico. Siamo, però, soddisfatti che dopo un’azione di sensibilizzazione sulle Autorità competenti si sia proceduto almeno a prelevare dei campioni. Campioni che ci auspichiamo un domani possano essere utili per dare un nome alle persone che a breve verranno sepolte solo con un codice identificativo”. Il Comitato 3 ottobre, in collaborazione con l’Istituto Labanof di Milano, è impegnato regolarmente da anni nel tentativo di dare un nome alle numerose vittime delle stragi in mare e a dare loro una degna sepoltura.

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