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Cronaca

"Il Comune aveva i soldi e non ha fatto nulla per evitare il crollo del Palazzo Lo Jacono", chieste 3 condanne

Il procuratore generale, al processo di appello, propone la conferma quasi integrale del verdetto. Per il dirigente dell'Utc, Giuseppe Principato, è stata sollecitata l'assoluzione da due capi di accusa caduti in prescrizione

"L'amministrazione comunale ha avuto rilevantissima disponibilità economica e ciò nonostante non ha fatto nulla per salvare il palazzo Lo Jacono". Secondo il procuratore generale, ci sono delle evidenti responsabilità nel crollo della secentesca struttura caduta al suolo il 25 aprile del 2011. 

Il processo di appello è giunto alle battute decisive con la requisitoria e proseguirà il 2 marzo con le arringhe delle parti civili e dei difensori degli imputati. Il magistrato che rappresenta l'accusa ha chiesto solo una minima riforma rispetto al verdetto di primo grado (5 condanne e 4 assoluzioni ma non tutte impugnate), ovvero l'assoluzione nel merito da due capi di imputazione, per cui era stata dichiarata la prescrizione, nei confronti dell'ex dirigente dell'Ufficio tecnico Giuseppe Principato

La pena più alta, un anno e due mesi di reclusione, è stata inflitta all'ingegnere Gaspare Triassi, funzionario del Comune di Agrigento e direttore dei lavori di messa in sicurezza del Palazzo Lo Jacono. Un anno di reclusione per Giuseppe e Carmelo Analfino, responsabili della ditta "Edil.Co.A", l'impresa che esegui' i lavori, rivelatisi inadeguati e dannosi; il geometra Andrea Patti, componente del collegio di progettazione e direzione dei lavori urgenti per la messa in sicurezza e l'architetto Calogero Tulumello, responsabile unico del procedimento di messa in sicurezza.

Imputati in appello, oltre allo stesso Principato, Triassi, Patti e Tulumello. Il magistrato della procura generale ha puntato l'indice sul Comune che non avrebbe trovato, pur avendo la disponibilità economica, le risorse per evitare il crollo del palazzo. 

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