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Cronaca

La banda di slavi che razziava le ville in mezza Sicilia davanti al gip, uno dei fermati confessa

In quattro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, il gip deciderà se convalidare il fermo: la Procura contesta pure l'associazione a delinquere

Solo un indagato risponde al giudice e confessa, chiedendo scusa e dicendosi dispiaciuto per quello che aveva fatto. Gli altri quattro, invece, si avvalgono della facoltà di non rispondere. Il gip Luisa Turco deciderà nelle prossime ore se convalidare i fermi ed, eventualmente, quali misure applicare nei confronti dei cinque rom accusati di avere realizzato una ventina di furti in abitazione.

Si tratta di Lasio Radosavljevic, 35 anni, alias Lasio Lucan, dell'ex Jugoslavia; Daniel Lucan, 30 anni, rumeno; Ciprian Lucan, 38 anni, rumeno; Lasio Rac, 59 anni, serbo e Sasa Radosavljevic, 24 anni, dell'ex Jugoslavia. Gli indagati - finiti in carcere per effetto di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto firmato dal pubblico ministero Gloria Andreoli - sono comparsi davanti al giudice, collegati in remoto dalle carceri di Agrigento, Sciacca e Termini Imerese dove sono stati portati. I difensori, gli avvocati Salvatore Pennica, Alba Raguccia e Francesco Mirabile, sono comparsi in un'apposita aula del tribunale, collegati anche loro in remoto, come prevede la normativa emergenziale legata al Covid.

Il solo Ciprian ha ammesso i fatti dicendosi dispiaciuto, gli altri quattro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La banda di rom avrebbe commesso venti furti: da San Leone a Montaperto, ma anche al Villaggio Mosè, nei Comuni agrigentini circostanti e nelle limitrofe province di Caltanissetta ed Enna. Il modus operandi era sempre lo stesso, ovvero i ladri, forzando porte e finestre con guanti e passamontagna, riuscivano ad introdursi all’interno delle abitazioni sottraendo oro, gioielli di valore, computer, persino armi legalmente custodite in cassaforte. 

Le indagini sono iniziate nel 2019. I carabinieri hanno lavorato incessantemente per più di un anno e mezzo, visionando sia le telecamere installate nei centri cittadini, che nelle case private. L’attività investigativa ha permesso di accertare un vero e proprio sodalizio - è stata contestata, infatti, anche l'associazione per delinquere - presente ad Agrigento, un consolidato gruppo dove ognuno aveva il suo compito: il capo, gli autisti e coloro che si occupavano materialmente del furto. Prima di ogni colpo, la banda - sostiene l'accusa - osservava con attenzione le villette isolate prese di mira e, durante l'assenza dei proprietari, facevano irruzione.

La banda avrebbe portato a termine ben 20 furti in abitazione. Nel corso delle perquisizioni domiciliari, eseguite dai carabinieri, è stata trovata molta refurtiva: monili in oro, tablet e pc, ma anche preziosi orologi ed armi: fucili da caccia in particolare.

Adesso, nelle prossime ore, si attende la decisione del gip.

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