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Il provvedimento

Indagini insabbiate sul gruppo Catanzaro? Ex pm di Agrigento a giudizio

Il magistrato della procura di Roma, Antonella Pandolfi, finisce a processo per abuso di ufficio in seguito alle denunce presentate dall'imprenditore Gaetano Caristia. Il giudice dispone l'imputazione coatta e accusa: "Rapporti inopportuni fra l'ex procuratore Renato Di Natale e l'imprenditore"

"La condotta di un pubblico ministero che privilegi certe indagini a discapito di altre del tutto analoghe, a parità sostanziali di condizioni di lavoro e di operatività ed in mancanza di giustificate ed oggettive ragioni, rappresenta una palese violazione del canone della parità di trattamento e della obbligatorietà dell'azione penale, che impone ai pubblici ministeri di trattare i procedimenti penali che rivestano caratteri sovrapponibili alla stessa stregua".

Con queste motivazioni il gip di Caltanissetta Gigi Omar Modica ha respinto la richiesta di archiviazione e disposto l'imputazione coatta, per l'ipotesi di reato di abuso di ufficio, nei confronti dell'ex pm della procura di Agrigento, Antonella Pandolfi, adesso in servizio con lo stesso incarico a Roma.

La vicenda scaturisce dalle denunce presentate dall'imprenditore Gaetano Caristia, 77 anni, indagato dallo stesso pm e poi condannato in primo grado a 8 mesi di reclusione (4 in appello) nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta lottizzazione abusiva alla Scala dei Turchi.

Caristia, in sostanza, ha denunciato dei trattamenti di favore di cui, in procedimenti analoghi, avrebbero beneficiato altri indagati, fra cui i fratelli Catanzaro, dell'omonimo gruppo imprenditoriale, finiti sotto inchiesta - secondo Caristia - per vicende relative a degli abusi edilizi realizzati nella zona di Realmonte con la loro società Agriper - solo tardivamente e in seguito ad alcune segnalazioni di stampa.

Le accuse di abuso di ufficio mosse dall'imprenditore, secondo la procura nissena, erano infondate tanto da avere chiesto l'archiviazione. Caristia, attraverso il suo difensore, l'avvocato Luigi Restivo, ha proposto un'opposizione e il gip, sciogliendo la riserva dopo l'udienza, nella quale il pm Pandolfi è stata assistita dall'avvocato Giovanni Di Giovanni, in un primo momento aveva imposto un approfondimento istruttorio a seguito del quale ha ordinato al pm di mandare a processo la collega.

"Le disparità di trattamento sembrerebbero collegate - scrive il gip - non ad una casualità o a un'inefficienza dell'ufficio ma a rapporti e interessenze del titolare dell'esercizio dell'azione penale, ovvero il pm Antonella Pandolfi". 

La pm si era difesa sostenendo che, fra le altre cose, c'era stato un disguido consistito nello smarrimento di una delega di indagini e che la differenza nella trattazione dei due casi è la conseguenza di un eccessivo carico di lavoro. 

Durante le indagini è stato sentito l'ex procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha spiegato di avere dato impulso alle indagini, chiedendo alla stessa pm Pandolfi una relazione scritta in seguito alle denunce di Caristia.

Le ombre del gip sull'ex procuratore Di Natale: rapporti inopportuni con Catanzaro

Il gip getta pure pesanti ombre sul predecessore di Patronaggio, Renato Di Natale, a capo della procura fino al 2016. 

"In questo quadro - scrive il gip - vanno inseriti altresì gli stretti ed inopportuni rapporti tra i Catanzaro ed il procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento nel periodo antecedente a quello di Patronaggio, il dottore Di Natale (procuratore capo fino al settembre 2016 e, quindi, coordinatore delle indagini riguardanti sia Caristia che i Catanzaro). Sono stati documentati, infatti, i numerosi incarichi ottenuti dalla figlia di Di Natale dalla camera di commercio di Caltanissetta guidata - nella qualità di vice - da Catanzaro".

Il gip rappresenta, inoltre, "a proposito della vicenda di Montante, ed a verosimile ricompensa dei favori ricevuti, di un intervento a dir poco sconveniente di Di Natale, presso un giudice in servizio all'ufficio Gip di Agrigento". 

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