Netturbino accusato di abusi sulla figlia, medico in aula: "La donna aveva segni di violenza"
Il sanitario ha visitato la presunta vittima e accertato delle ecchimosi. Un ufficiale dei carabinieri: "Non è stata trovata alcuna arma"
"La perquisizione ebbe esito negativo perchè non fu trovata alcuna pistola nè emerse nulla di rilevante ai fini dell'indagine".
Il tenente dei carabinieri Giuseppe Scotto di Tella, all'epoca dei fatti in servizio al comando provinciale di Agrigento, racconta in aula alcune fasi dell'indagine che ha fatto finire a processo un netturbino cinquantunenne arrestato il 10 gennaio del 2019 e poi tornato libero per scadenza dei termini, con le accuse di violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della figlia.
Nel processo, in corso davanti ai giudici della seconda sezione penale, presieduta da Wilma Angela Mazzara, sono imputati pure la moglie e due cognati accusati di favoreggiamento per avere mentito al pm durante le indagini con l'obiettivo di garantire l'impunità al presunto "mostro".
L'ufficiale, citato dal pubblico ministero Gloria Andreoli, ha riferito su alcuni aspetti dell'indagine successivi alla denuncia. Fra le accuse a carico del principale imputato pure quella di avere colpito la figlia a calci e pugni per stordirla e violentarla.
Gli abusi sarebbero avvenuti anche in presenza dei tre nipoti in tenera età o con la minaccia della pistola. Il carabiniere, tuttavia, ha raccontato che, quando si cercò di verificare le denunce della donna, perquisendo l'abitazione del padre, l'arma non fu trovata.
Fra gli altri testi sentiti anche un medico del pronto soccorso che ha visitato la donna quando ha denunciato gli abusi. "La visita ginecologica ha evidenziato dei traumi come ecchimosi e abrasioni vaginali certamente riconducibili alla violenza sessuale subita". Conclusa la lista dei testi del pm, si torna in aula il 18 gennaio per l'audizione degli imputati (difesi dagli avvocati Salvatore Cusumano e Davide Casà) e dei testi della parte civile.
