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Martedì, 23 Aprile 2024
Il processo / Favara

Ricatti sessuali pagati con i soldi rubati ai clienti delle Poste, anziana vittima piange in aula

La donna aveva denunciato l'impiegato dell'ufficio di Favara, Pasquale Di Stefano, per avergli sottratto circa 10.000 euro dal libretto. L'ammanco complessivo avrebbe superato il mezzo milione di euro. Il ricordo di una tragedia familiare, accaduta nei giorni in cui fu truffata, la fa scoppiare in lacrime

"Mi sono accorta che c'erano stati degli ammanchi dal libretto, sono spariti circa 10mila euro che non avevo mai prelevato. Per questo andai dai carabinieri a denunciarlo". Un'anziana di Favara scoppia in lacrime ricordando l'episodio. La donna, rispondendo al pm Giulia Sbocchia, ha iniziato a piangere.

La testimone ha spiegato che nei giorni della truffa ha subito una tragedia familiare e i due ricordi contemporanei l'hanno traumatizzata. La presidente del collegio Wilma Angela Mazzara ha rasserenato la donna sospendendo l'udienza per pochi minuti. La sua deposizione è stata poi conclusa con le ultime domande dei difensori.

L'inchiesta su una storia di squallidi ricatti sessuali, con protagonista principale la figlia di una donna oggi imputata, si intreccia con la sparizione di 573 mila euro dai conti correnti dell’ufficio postale di Favara. In tre sono a processo davanti ai giudici della seconda sezione penale.

Si tratta dell’ormai ex impiegato delle Poste, Pasquale Di Stefano, 64 anni, che già da tempo aveva cambiato aria trasferendosi in Lombardia, destinatario anche di un provvedimento di sequestro dei beni, e di una coppia favarese, residente a Catania, ritenuta responsabile di aver estorto, a più riprese, 250 mila euro proprio all’ex impiegato infedele.

All’uomo viene contestata l’accusa di peculato per essersi appropriato indebitamente di una somma di 573 mila euro. La seconda imputazione è la chiave della vicenda: Di Stefano è accusato di atti sessuali con una ragazzina di età inferiore ai 14 anni che avrebbe adescato nella sua auto dopo essersi fotografato i genitali col cellulare. Poi, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbe mostrato la foto alla ragazzina con la raccomandazione provocatoria di “farla vedere alla madre”.

La donna, in realtà, con la complicità del compagno (di entrambi si omettono le generalità per tutelare la privacy della ragazzina), da questo episodio avrebbe avuto l’idea per ricattare Di Stefano e “comprare” il suo silenzio con la moglie con una somma molto alta: 250 mila euro, dilazionati nel tempo, che avrebbe sottratto ai clienti.

L'anziana, rispondendo al pm e ai difensori degli imputati (gli avvocati Luigi Troja e Antonietta Pecoraro), ha raccontato l'episodio di cui è stata vittima. 

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