"Falsi documenti per i permessi di soggiorno": due indagati tornano liberi dopo 6 mesi
Revocati gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico al ragioniere Nicolò Vanchieri e al leader della comunità senegalese Papa “Papi” Ndyae
"Le esigenze cautelari sono mutate in seguito all'annullamento del giudizio immediato e al decorso del tempo": con queste motivazioni il gip Giuseppe Miceli, al quale si sono rivolti i difensori, gli avvocati Roberto Gambino, Giovanni Crosta e Giuseppina De Luca, ha revocato gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronici a due indagati dell'inchiesta “Illegal Stay”, che avrebbe disarticolato una presunta organizzazione che consentiva agli stranieri di ottenere permessi di soggiorno illegali.
Si tratta di Nicolò Vancheri detto “Massimo”, 55 anni, titolare di uno studio contabile e di diversi patronati ad Agrigento e Papa “Papi” Ndyae, 67 anni, rappresentante della comunità senegalese agrigentina.
Nei giorni scorsi i giudici della seconda sezione penale, presieduta da Wilma Angela Mazzara, chiamati a pronunciarsi su alcune questioni preliminari sollevate dalla difesa, avevano dichiarato la nullità del giudizio immediato. Questo perchè la richiesta era stata formulata dalla Dda "che, in seguito ad una diversa riqualificazione delle accuse, non aveva alcuna competenza nell'esercitare l'azione penale".
Tesi che è stata accolta dai giudici che hanno restituito gli atti alla procura di Agrigento. Nelle scorse ore è arrivata la decisione del gip che revoca la misura per due dei tre indagati.
L'operazione, il 17 gennaio, è stata eseguita dalla Guardia di Finanza che ha eseguito un'ordinanza cautelare a carico di quattro indagati ai quali si contesta l'associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Secondo quanto ipotizza l’accusa gli indagati si sarebbero associati allo scopo di favorire la permanenza illegale sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari richiedenti il permesso di soggiorno fornendo loro documenti contabili e fiscali – quali bilanci di esercizio, dichiarazioni fiscali, scontrini e fatture per acquisto merce – ideologicamente falsi e attestanti elementi e dati non veritieri mediante la predisposizione di contratti di locazione o dichiarazioni di ospitalità non rispondenti alla reale situazione di alloggio dello straniero richiedente.
Il tutto – sempre secondo l’accusa – allo scopo di dimostrare, ad arte, presso gli uffici di pubblica sicurezza il possesso di requisiti della legge sugli stranieri per il conseguimento del permesso di soggiorno.