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Udienza preliminare

Operaio morto dopo esplosione bombola di ossigeno: tre imputati dal gup, chiesta nuova perizia

I difensori vogliono che si faccia chiarezza sulle cause dello scoppio in cui perse la vita il ventottenne Massimo Aliseo

Una perizia per fare chiarezza sulle cause dell'esplosione non del tutto messe a fuoco dai consulenti della procura: a sollecitarla è la difesa all'udienza preliminare a carico di tre imputati nei cui confronti è stato chiesto il rinvio a giudizio nell'ambito dell'inchiesta per la morte del ventottenne Massimo Aliseo, operaio della Medical Gas Criogenici.

Un urto imprevisto di una bombola e la violenta fuoriuscita di aria che lo proiettò con violenza contro una rampa di carico: l'impatto fu devastante tanto da provocargli la frattura del cranio e un violentissimo trauma che non gli lasciarono scampo.

Così il giovane operaio morì il 2 gennaio di 3 anni fa mentre lavorava nello stabilimento dell'Area di sviluppo industriale. Per quella tragedia che scosse l'intera città, il pubblico ministero Chiara Bisso ha chiesto tre rinvii a giudizio. A rischiare il processo sono Corrado Di Salvo, 58 anni, di Agrigento; Nicolò Falzone, 49 anni, di Porto Empedocle e Giuseppe Campione, 37 anni, di Agrigento.

Quest'ultimo, dipendente dell'azienda, è accusato solo di favoreggiamento personale perchè, sentito dai carabinieri che indagavano sull'accaduto, avrebbe omesso di raccontare che, dopo l'incidente, aveva trasportato all'esterno un motociclo da enduro "la cui presenza sarebbe stata sintomatica della violazione delle disposizioni in materia di sicurezza". La procura ritiene, invece, che le immagini della videosorveglianza avrebbero provato il contrario.

Assai più complessa la posizione di Di Salvo e Falzone accusati di omicidio colposo e numerose violazioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. 

Di Salvo, in particolare, datore di lavoro di Aliseo in quanto titolare dell'azienda, avrebbe impiegato l'operaio come addetto al riempimento delle bombole (l'incarico formale era di addetto alla pulizia dei macchinari) pur non avendo una formazione specifica. Inoltre gli si contesta di avere affidato a Falzone l'incarico di occuparsi delle misure di emergenza nonostante non avesse una formazione adeguata prevista dalla normativa.

Lo stesso Falzone - è l'ipotesi del pm - avrebbe dovuto comunicare al datore di lavoro che nel capannone adibito a stazione di ricarica del gas "venivano svolte altre tipologie di lavorazione ed erano stati introdotti altri utensili e oggetti che avrebbero potuto danneggiare le parti metalliche delle bombole".

Ed è proprio questo, secondo la ricostruzione dell'episodio, che avrebbe provocato la tragedia. La bombola sarebbe, infatti, scoppiata a causa di un urto contro un oggetto contundente che non avrebbe dovuto trovarsi in quel capannone. La fuoriuscita trascinò l'operaio con violenza facendogli sbattere la testa contro la rampa. 
A decidere se disporre il rinvio a giudizio sarà il giudice per l'udienza preliminare Francesco Provenzano.

I difensori degli imputati, gli avvocati Salvatore Maurizio Buggea e Silvio Miceli, hanno chiesto al giudice una perizia per accertare, con la nomina di un professionista "terzo", indicato dal giudice, le cause dell'incidente. Il gup deciderà il 14 luglio. 

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