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La strategia della difesa

"Si appropriò di 160mila euro dei clienti con vari espedienti": direttore Poste prova ad evitare il carcere con il concordato

Vincenzo Di Rosa, con il pretesto di portare la pensione a casa di un'anziana che temeva di essere scippata oppure calcolare gli interessi di un libretto avrebbe fatto sparire i soldi: la pena di 4 anni e 2 mesi potrebbe essere ridotta in caso di accordo con la procura generale

Direttore delle Poste condannato con l'accusa di essersi appropriato dei risparmi degli anziani clienti prova ad evitare il carcere chiedendo il concordato ovvero una sorta di patteggiamento nel secondo grado di giudizio che consente, rinunciando ad alcuni motivi di appello, di ottenere una riduzione di pena.

I giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, lo scorso 22 settembre, hanno inflitto 4 anni e 2 mesi di reclusione all’ex responsabile dell'ufficio postale di Castrofilippo, Vincenzo Di Rosa, 60 anni, accusato di avere sottratto circa 160mila euro ai clienti.

La pena era inferiore rispetto ai 7 anni e 6 mesi chiesti dal pubblico ministero Gloria Andreoli a conclusione della requisitoria ma, comunque, superiore ai 4 anni: si tratta del limite sopra il quale non si possono chiedere - almeno in prima battuta - forme di espiazione diversa dal carcere. Di Rosa, in particolare, è stato riconosciuto colpevole, di svariate ipotesi di peculato e truffa. In particolare, secondo l'accusa, si sarebbe appropriato di circa 51 mila euro di proprietà dell’ufficio – da qui scaturisce l’accusa di peculato – prelevandoli indebitamente dall’Atm e dalla cassa.

Contestate, inoltre, diverse ipotesi di truffa ai danni di clienti. Nel marzo del 2015, ad esempio, avrebbe chiesto a un anziano la consegna del libretto col pretesto di calcolare gli interessi: in realtà, sostiene l’accusa, ne avrebbe approfittato per prelevare 50 mila euro e incassare la polizza vita collegata al titolo finanziario a insaputa del titolare. E poi ancora, qualche mese prima, avrebbe truffato un’anziana vedova che voleva rimodulare tre libretti, cointestati col marito appena morto, intestandoli anche alle figlie.

Di Rosa, invece avrebbe incassato alcuni buoni collegati ai titoli facendo sparire 17 mila euro. In altre circostanze il meccanismo sarebbe stato simile. Nella lista delle accuse anche il caso di un’anziana che temeva di andare alla posta a prelevare la pensione, perché in passato era stata rapinata: con lei avrebbe sperimentato un trucco diverso offrendosi di portarle i soldi i casa.

Di Rosa, adesso, attraverso i suoi difensori, gli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica, ha chiesto il concordato: la Corte di appello predieduta da Adriana Piras, ha aggiornato l'udienza al 21 giugno per consentire al procuratore generale di pronunciarsi in merito all'eventuale consenso.

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