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Cronaca

Un diplomatico agrigentino a Chisinau, Diego Randazzo: "Alla mia città serve consapevolezza"

Con lo zaino in spalla, ed appena 18enne, ha lasciato i suoi affetti ed i suoi posti del cuore. Ecco chi è il nostro volto della settimana

Sei un imprenditore, uno studente, o anche un "cervello" in fuga?  Abbiamo deciso di dare voce agli agrigentini fuori sede. Le loro esperienze, i loro racconti e le loro storie possono essere da esempio per chi ha voglia di tornare o anche di restare. Dedicheremo uno spazio settimanale, un focus che serva a raccontare le vite ormai lontane dall’ombra della Valle dei Templi. Un microfono aperto a tutti, una volta a settimana. Se un agrigentino fuori sede? Raccontati ad AgrigentoNotizie. 

Scorrendo tra i nomi dei diplomatici di tutto il mondo, troviamo anche un agrigentino. Un ruolo prestigioso, un sogno – che grazie ai sacrifici ed allo studio – è diventato realtà. Diego Randazzo, agrigentino doc,  e lavora all'ambasciata d'Italia a Chisinau.

Un ruolo prestigioso che richiede tanta abnegazione. Via da Agrigento con l’ambizione di diventare grande, ed il sogno di riuscire ad imporsi in un grande "mare" che è quello della politica internazione.  

Con lo zaino in spalla, Diego Randazzo, ha lasciato Agrigento all’età di 18 anni, la sua Valle e gli ha fetti di una vita sono lontani, ma non troppo. Diego, quando può, si concede qualche giorno in città, aria di casa e abbracci sinceri.  Il diplomatico agrigentino, ha scelto di raccontarsi ad AgrigentoNotizie. 

Salve Diego, raccontaci la tua storia

"Al momento vivo a Chisinau, In Moldova, dove sono arrivato nel gennaio scorso presso l’Ambasciata d’Italia come vice dell’Ambasciatrice Biagiotti. Mi sono laureato in Scienze Politiche nel 2010 e dal 2014, dopo aver vinto il concorso per entrare in carriera diplomatica, lavoro al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. Dopo 4 anni a Roma – con l’eccezione di un periodo di assegnazione breve di 4 mesi presso l’Ambasciata d’Italia a Tallinn – sono stato assegnato qui in Moldova. Ho vissuto continuativamente ad Agrigento fino al 2002, quando a 18 anni sono partito per studiare a Milano. Dopo sono sempre tornato ogni volta che potevo. Le ferie e i periodi di pausa in generale li trascorro quasi sempre nella mia città natale e buona parte del periodo di studio per il concorso l’ho passato ad Agrigento".


- Perché ha scelto di lasciare la sua città?

"Non è stato per necessità o ragioni specifiche: per quelli che erano i miei progetti, è indifferente nascere ad Agrigento o in un'altra città. Inizialmente volevo intraprendere la carriera dell’insegnamento universitario e grazie al sostegno e all’appoggio dei miei genitori, cui devo tutto, ho scelto di studiare alla Cattolica di Milano, sede di una delle migliori facoltà di Scienze Politiche d’Italia. Durante gli studi, però, mi sono gradualmente appassionato alla politica internazionale e ho deciso di affrontare il concorso diplomatico: ciò significava per forza di cose Roma e estero".


- Le manca la sua città?

"Sì, ad Agrigento ho la mia famiglia e mio nonno, cui sono molto legato. Lì mi ritrovo con i miei fratelli, anch’essi fuori sede, e con gli amici più cari. L’educazione, i valori, la formazione (indimenticabili i 5 anni presso il liceo classico Empedocle, una vera eccellenza): i fondamentali li ho assorbiti ad Agrigento. Cerco di tenere vivo il legame con la mia città il più possibile". 


- Cosa cambierebbe della sua città?

"Sento dire di frequente che c’è un problema di 'mentalità' ad Agrigento. Io non la penso così, può esserci tutt’al più un problema di consapevolezza. La mia sensazione, nella strana condizione di osservatore al contempo esterno ed interno, è che spesso non capiamo appieno quanto sia bella la nostra città e quante potenzialità possa esprimere. Tutte le volte che mi è capitato di avere degli ospiti, non solo dall’estero ma anche da altre città italiane, ho assistito al loro stupore per la bellezza che Agrigento, pur con tutti i suoi problemi, sa esprimere. Ecco, io credo che non riusciamo a sviluppare le nostre potenzialità perché diamo tutto per scontato".

- Hai un consiglio per i giovani agrigentini?

"Sì, coltivare le proprie passioni, senza abbandonarsi all’apatia e allo sconforto. Non esistono modelli di successo ma soltanto il privilegio e la fortuna di riuscire a fare nella vita quello che ci piace. Tutto il resto viene da sé".

-  Sogna di tornare?

"Il mio lavoro non mi consente di tornare a vivere all’ombra della Valle, ma quando provo ad immaginare me stesso alla conclusione del mio percorso professionale non riesco a pensare a nessun altro posto che non sia Agrigento. E spero proprio che sarà così".

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