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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Il crollo del secentesco Palazzo Lojacono, riparte appello per 4 imputati

L'immobile cadde 10 anni fa, a Pasquetta: se fosse successo pochi giorni prima, quando passò la processione, ci sarebbe stata una strage. In primo grado furono decise 5 condanne e 4 assoluzioni

Riparte in Corte di appello il processo per il crollo di due secentesche strutture nobiliari del centro storico, cadute al suolo fra il 14 marzo e il 25 aprile del 2011, vale a dire i palazzi Schifano e Lo Jacono Maraventano. Quest'ultimo, il secondo a crollare in ordine di tempo, ha ceduto appena 72 ore dopo la processione del venerdi' santo, quando c'erano migliaia di persone assiepate ad attendere il passaggio del simulacro.

Il crollo, invece, e' avvenuto all'alba del lunedi' di Pasqua quando la strada era deserta e non c'erano passanti. Le 5 condanne, inflitte in primo grado dal tribunale di Agrigento il 5 luglio del 2019, sono state decise solo per il crollo del palazzo Lo Jacono. Altri 4 imputati sono stati assolti.

La pena più alta, un anno e due mesi di reclusione, e' stata inflitta all'architetto Gaspare Triassi, funzionario del Comune di Agrigento e direttore dei lavori di messa in sicurezza del Palazzo Lo Jacono. Un anno di reclusione per Giuseppe e Carmelo Analfino, responsabili della ditta "Edil.Co.A", l'impresa che esegui' i lavori, secondo il consulente della Procura, "non inutili ma dannosi"; il geometra Andrea Patti, componente del collegio di progettazione e direzione dei lavori urgenti per la messa in sicurezza e l'architetto Calogero Tulumello, responsabile unico del procedimento di messa in sicurezza.

I cinque imputati riconosciuti colpevoli erano stati condannati anche risarcire i proprietari di alcuni immobili che sono stati evacuati in seguito al crollo, che si sono costituiti parte civile con l'assistenza degli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica. 

L'architetto Calogero Analfino, responsabile insieme ai fratelli della "Edil.Co.A", detto Lello, molto più noto per la sua attività di cantante e leader dei Tinturia, era stato invece assolto dalla stessa accusa "per non avere commesso il fatto". Stesso verdetto per il responsabile della protezione civile Attilio Sciara, il dirigente dell'Ufficio tecnico Giuseppe Principato e il geometra Marcello Cappellino, altro componenti del collegio di progettazione e direzione dei lavori urgenti per la messa in sicurezza. Calogero Analfino è stato assolto anche dall'accusa di falso che scaturiva dall'attestazione dello stato dei lavori di messa in sicurezza che, secondo l'accusa, aveva documentato falsamente la collocazione di alcuni tiranti.

Triassi, Tulumello e Principato sono stati assolti dall'accusa di violazione del codice dei beni culturali che scaturiva da presunti inadempimenti legati al deposito dei progetti e dei documenti relativi ai calcoli. Triassi, Sciara e Principato, inoltre, sono stati assolti dall'accusa di avere provocato il crollo del palazzo Schifano "omettendo qualsiasi atto di salvaguardia". 

Triassi, Giuseppe e Carmelo Analfino erano accusati anche di falso: l'accusa, per la quale Calogero Analfino è stato assolto, scaturiva dall'attestazione dello stato dei lavori di messa in sicurezza che, secondo l'accusa, aveva documentato falsamente la collocazione di alcuni tiranti. 

Il processo, davanti alla quarta sezione della Corte di appello di Palermo, il prossimo 18 maggio, ripartirà per Principato, Triassi, Patti e Tulumello. Le altre assoluzioni e condanne non sono state impugnate e sono diventate definitive.

Per i quattro imputati (difesi dagli avvocati Giuseppe Scozzari, Nicolò Grillo, Antonella Cimino, Salvatore Maurizio Buggea e Serena Gramaglia) i reati non sono, comunque, prossimi alla prescrizione nonostante sia trascorso un decennio.

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