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Uva Italia destinata al macero a Canicattì, l'allarme dei produttori: “Siamo rovinati, chiediamo lo stato di calamità”

La filiera dell'uva da tavola occupa mediamente circa quindici mila lavoratori che rischiano di perdere il posto

Ben 800 milioni di euro di fatturato e un bacino occupazionale con oltre 15 mila lavoratori, questi sono alcuni dei dati relativi alla filiera dell'uva da tavola che nelle Igp del comprensorio agrigentino e nisseno con i centri di riferimento che sono Canicattì e Mazzarrone ma che complessivamente raggruppa una ventina di comuni e migliaia di ettari di vigneti. Un motore trainante per l'economia del territorio che però deve fare i conti con la grave crisi che attanaglia tutti i settori, ed ecco dunque che a Canicattà, città dell'uva Italia, monta la protesta dei produttori ai quali, i colossi della grande distribuzione, pagano circa quaranta centesimi per un chilo di una eccellente uva che poi i cittadini comprano al supermercato ad un prezzo variabile tra i quattro e i cinque euro. Al netto dei rincari energetici e dei fattori climatici che stanno compromettendo il raccolto, buona parte della vendemmia è ormai destinata al macero e sono molti gli imprenditori agricoli che, viste le condizioni di mercato, lasceranno i grappoli marcire nei vigneti. I sindaci dei comuni coinvolti, da Canicattì chiedono lo stato di calamità e chiedono l'intervento urgente del commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni. Le gravi perdite subite dai produttori, potrebbero portare al licenziamento di migliaia di braccianti e il timore dei sindaci è anche quello che l'incremento del tasso di disoccupazione possa sfociare in problemi di ordine sociale.

Caro energia, l’uva da tavola rischia di scomparire? Incontro urgente tra sindaci per tentare di evitare il disastro

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