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Cronaca

Cresta sui biglietti dei bus? La difesa degli autisti: "La relazione dell'investigatore privato è inutilizzabile"

Secondo i legali dei dieci imputati l'agenzia non avrebbe avuto la necessaria autorizzazione prefettizia: Procura e parte civile si oppongono. Parte il processo

La relazione dell'investigatore privato, ingaggiato dall'azienda, non poteva essere utilizzata perchè "priva dell'autorizzazione prefettizia necessaria per eseguire indagini penali". Gli stessi controlli, inoltre, non sarebbero stati conformi alle norme in materia di lavoro e, infine, i capi di imputazione sono troppo generici e non consentono "un'adeguata difesa".

Il processo a carico di dieci autisti della Tua - azienda del trasporto pubblico urbano -, accusati di avere fatto la cresta sulla vendita dei biglietti a bordo e avere deviato i tragitti per esigenze personali, parte con le stesse questioni preliminari che erano state proposte (e bocciate) dal giudice Micaela Raimondo che poi ha deciso i rinvii a giudizio.

Gli avvocati Leonardo Marino, Alessandro Rampello e Gerlando Alonge hanno riproposto le questioni preliminari su cui il giudice Agata Anna Genna si pronuncerà all'udienza del 7 marzo. Il pubblico ministero Antonella Carrozzieri e il difensore di parte civile della Tua, Luca Andolina, hanno chiesto il rigetto.

Sul banco degli imputati siedono Maurizio Buttigè, 52 anni; Maurizio Camilleri, 52 anni; Giuseppe Danile, 60 anni; Giuseppe Donisi, 52 anni; Vincenzo Falzone, 53 anni; Giuseppe Lattuca, 59 anni; Michelangelo Nasser, 57 anni; Andrea De Carmelo Russo, 59 anni; Giuseppe Trupia, 54 anni e Angelo Vaccarello, 53 anni, quest'ultimo consigliere comunale da molti anni.

A Buttigè, Camilleri, Danile, Falzone, Lattuca, Russo e Vaccarello si contesta di avere venduto a bordo dei mezzi dei titoli di viaggio a un prezzo maggiore e non vendibili, di avere omesso la stessa registrazione della vendita e, soprattutto, di avere riciclato i biglietti vendendoli più volte senza obliterarli al fine di incassare la differenza oppure incassando i soldi senza neppure consegnarli.

Donisi, Nasser e Trupia sono accusati di interruzione di pubblico servizio perché, in tre circostanze, nell'estate del 2017, avrebbero deviato il tragitto previsto, anche omettendo alcune fermate e lasciando gli utenti a piedi, per proprie esigenze personali.

La vicenda ha portato pure a un contenzioso disciplinare concluso con dei licenziamenti impugnati dai lavoratori con esiti alterni ma in gran parte a loro favorevoli.

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