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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Crack milionario del gruppo Pelonero, la Cassazione: "Non andava arrestato nessuno"

Inammissibile il ricorso della Procura, definitive le scarcerazioni degli Sferrazza e della commercialista Graziella Falzone

Ricorso inammissibile: arriva il sigillo definitivo della Corte di Cassazione. I nove componenti della famiglia Sferrazza, che da tanti anni gestisce i negozi del gruppo Pelonero, che operano nel settore dei casalinghi e degli articoli da regalo, e la commercialista Graziella Falsone non andavano arrestati.

I giudici ermellini hanno respinto la richiesta dei pubblici ministeri Alessandra Russo e Paola Vetro che chiedevano di ripristinare gli arresti domiciliari per i principali indagati dell'inchiesta "Malebranche". 

"Non siamo in presenza - avevano scritto i magistrati della Procura nel ricorso - di un'attività estemporanea e occasionale ma ad uno schema sistematico di svuotamento delle imprese e di distruzione della documentazione per occultare il patrimonio".

La Suprema Corte, invece, recependo le tesi difensive degli avvocati Daniela Posante, Giovanni Castronovo, Santo Lucia, Giacinto Paci e Salvatore Falzone (fanno parte del collegio di difesa pure le colleghe Antonella Arcieri e Chiara Proietto), ha affermato che gli arresti non andavano eseguiti, confermando l'ordinanza del tribunale del riesame. A chiedere lo stesso verdetto (con la differenza solo formale del rigetto e non dell'inammissibilità) era stato pure il procuratore generale. 

L'ordinanza cautelare era firmata dal gip Luisa Turco ed eseguita dalla Guardia di Finanza il 30 luglio dopo una lunga indagine durata 5 anni. Il sistema ipotizzato dagli inquirenti è quello classico che emerge nei casi di bancarotta: i componenti della famiglia Sferrazza con il supporto della loro commercialista, secondo l'accusa, avrebbero creato delle società - operanti perlopiù nel settore della vendita di casalinghi, giocattoli o articoli per la casa - con l'obiettivo di portarle al fallimento pilotato, facendo sparire i fondi che venivano sottratti a fisco e fornitori.

Ai domiciliari erano finiti Gaetano Sferrazza, 78 anni; i figli Gioachino, 54 anni con la moglie Maria Teresa Cani, 54 anni e i figli Gaetano e Fabiana, 29 e 26 anni; Diego, 51 anni con la moglie Giovanna Lalicata, 51 anni e i figli Clelia e Gaetano, 23 e 28 anni e la commercialista Graziella Falzone, 53 anni: quest'ultima avrebbe indicato agli Sferrazza, che gestivano il gruppo di aziende, le soluzioni tecniche da adottare per "svuotarle". Con questo sistema sarebbero stati sottratti a fisco e creditori circa 5 milioni di euro.

Il tribunale del riesame ha annullato l'ordinanza ritenendo insussistente l'accusa di associazione a delinquere senza entrare nel merito dei fatti di bancarotta, ritenuti troppo datati per ritenere attuali le esigenze cautelari e, quindi, giustificare gli arresti.

I pm chiedevano di annullare quelle ordinanze e ripristinare le misure cautelari. Il 25 gennaio era stata dichiarata l'inammissibilità per la posizione del solo Diego Sferrazza. Nelle scorse ore, a conclusione dell'udienza, è arrivata la decisione analoga per tutti gli altri indagati. 

La vicenda, conclusa la fase cautelare (i negozi però restano sotto sequestro), potrebbe essere matura per approdare in aula per il processo.

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