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Operazione Malebranche

Il crac milionario del gruppo Pelonero: 19 rinvii a giudizio ma cade l'accusa di associazione a delinquere

Il gup manda a processo i componenti della famiglia Sferrazza, accusati di avere "svuotato" le imprese per sottrarre le risorse all'erario e ai creditori, e gli altri amministratori

Rinviati a giudizio con le accuse di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio ma cade l'accusa di associazione a delinquere: l'inchiesta scaturita dall'operazione "Malebranche", che ipotizzava l'esistenza di un'organizzazione che avrebbe orchestrato una serie di operazioni di bancarotta legate al gruppo Pelonero, approda in aula il processo.

Il giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha disposto l'approfondimento dibattimentale per 19 dei 20 imputati.   

Il pubblico ministero Paola Vetro aveva chiesto il rinvio a giudizio di 20 imputati ai quali si contesta di avere realizzato un crac da 5 milioni di euro. L'inchiesta, il 30 luglio del 2020, ha fatto finire 10 persone agli arresti domiciliari. Oltre ai componenti della famiglia Sferrazza, che gestisce da anni la catena di negozi di articoli da regalo, casalinghi e giocattoli, era stata accusata di far parte dell'associazione a delinquere pure la commercialista Graziella Falzone: l'imputata è l'unica che sarà giudicata a parte in seguito alla richiesta dei suoi legali Santo Lucia e Salvatore Falzone di essere processata con rito abbreviato. 

Il sistema ipotizzato dagli inquirenti era quello classico delle bancarotte: le aziende del gruppo, quando raggiungevano il massimo volume di affari, secondo l'accusa, venivano svuotate di beni e risorse che venivano fatte confluire su un'altra azienda del gruppo. Il tribunale del riesame e la Cassazione hanno annullato tutte le misure cautelari personali. Le imprese, però, sono tuttora sotto sequestro.

Sotto accusa i titolari del gruppo, la commercialista e vari amministratori e soci che si sono alternati negli anni e avrebbero, secondo l'accusa, agevolato il sistema dei fallimenti pilotati. Si tratta di: Gaetano Sferrazza, 80 anni; Diego Sferrazza, 53 anni; Gioachino Sferrazza, 56 anni; Gaetano Sferrazza, 32 anni; Fabiana Sferrazza, 28 anni; Gaetano Sferrazza, 30 anni; Clelia Sferrazza, 25 anni; Teresa Maria Cani, 56 anni; Lorena Argento, 35 anni; Giovanna Lalicata, 53 anni; Graziella Falzone, 55 anni; Mariella Mamo, 40 anni; Veronica Vassallo, 35 anni; Giulia Di Marco, 53 anni; Ignazio Giacchetto, 61 anni; Cristian Amato, 29 anni; Assuntina Lupo, 57 anni; Nicolò Zambuto, 69 anni; Calogera Licata, 68 anni e Salvatore Noto, 41 anni.

I difensori (fra gli altri gli avvocati Daniela Posante, Giovanni Castronovo, Giacinto Paci, Antonella Arcieri e Francesco Turoni) avevano replicato al pm chiedendo al giudice di emettere una sentenza di non doversi procedere: richiesta che è stata accolta, con la formula "il fatto non sussiste", per l'accusa di associazione per delinquere, già bocciata dal tribunale del riesame e dalla Cassazione che avevano annullato gli arresti. Per le altre accuse è stato deciso il rinvio a giudizio.

I soli Gioachino Sferrazza con la moglie Maria Teresa Cani e il figlio Gaetano sono finiti a processo pure per il ritrovamento di una pistola illegale nel negozio di San Giusippuzzu in occasione delle perquisizioni eseguite il giorno dell'operazione.

La prima udienza del processo è stata fissata per il 20 febbraio davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Alfonso Malato. 

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