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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Scandalo sui numeri Covid, le intercettazioni: "Altissimo è il dato, chiama il San Giovanni Dio"

Nelle conversazioni registrate dagli inquirenti emergerebbero numerose "anomalie" nelle procedure di raccolta dei dati contagi e ricoveri

C'è anche un ampio riferimento ad Agrigento nelle conversazioni intercettate nel contesto dell'operazione che ha oggi portato all'arresto di tre persone al dipartimento per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico (Dasoe) dell'assessorato alla Salute della Regione Siciliana e all'indagine sull'assessore Ruggero Razza. Nelle conversazioni, è l'accusa della Procura, si esprime preoccupazione sul come ridistribuire i casi, indicando comunque una certa approssimazione rispetto ai dati. 

In uno stralcio, in cui Maria Letizia Di Liberti, dirigente del dipartimento regionale delle Attività sanitarie parla con un dipendente dell'Asp di Palermo, Giuseppe Rappa, si fa cenno anche ad una telefonata da fare all'ospedale di Agrigento. I due, il 2 gennaio 2021, conversano, parlando di come stiano lievitando i casi e di come sia cresciuto il numero dei ricoveri in terapia intensiva, commentando che la crescita sia "assai da morire".

"I due - ricostruiscono i magistrati - concordano di chiamare i vari ospedali che hanno comunicato i ricoveri in terapia intensiva, il Cannizzaro di Catania +2, il San Giovanni di Dio +1, per cui si dividono le chiamate da effettuare. Rappa risponde che chiamerà l'ospedale San Giovanni di Dio e riflette che comunque è solo 1 nuovo ricovero, ma la Di Liberti vuole che si chiami il nosocomio di Agrigento perché afferma che 'uno di qua e due di là... vedi a quanto siamo, altissimo è il dato, questo è il problema'. Rappa afferma che chiamerà anche se è probabile che, trattandosi di un solo nuovo ricovero, verrà confermato ma la Di Liberti gli risponde che dopo aver effettuato le chiamate si risentiranno e valuteranno".

Nella stessa giornata i due si sentono ancora. Di Liberti manifesta la preoccupazione per la crescita dei casi e dei ricoveri "tanto da averne parlato con l’assessore". "Nel conteggio dei casi odierni Rappa - scrivono i magistrati - le rappresenta, tra l’altro, di aver avuto comunicazione di un ulteriore caso ad Agrigento, in terapia intensiva, ma concordano di lasciare il valore odierno di +3 e caso mai, se domani non avranno alcun decesso, dovranno comunicare +4".

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La telefonata, se c'è stata, non è riportata negli atti d'indagine. Certo è che non fu l'unica verso una struttura sanitaria locale. Dicono, infatti, gli inquirenti che erano "frenetiche e a volte tardive le attività burocratiche di raccolta dei dati da parte del Dasoe, attraverso contatti diretti con gli uffici periferici delle varie Asp siciliane, delle aziende ospedaliere, delle Usca, nonché dei Laboratori di analisi pubblici e privati (quando autorizzati alla processazione dei tamponi molecolari). Tale modalità ha verosimilmente contribuito a condizionare l’irregolare gestione del flusso dei dati, infatti, a conferma di ciò, si è avuto modo di constatare che la Di Liberti, sovente, pur essendo un dirigente generale, si è fatta personalmente carico di quotidiani interventi di sollecito telefonico nei confronti dei vari referenti Covid-19 delle citate strutture periferiche del S.S.R., solo al fine di sopperire alla diffusa disorganizzazione e lentezza di tali strutture nella prevista comunicazione dei dati richiesti".

Un passo indietro. E' il novembre del 2020. Di Liberti parla al telefono con Emilio Madonia, della  "Pricewaterhousecoopers Public Sector srl", la società che si occupa della gestione del sistema tecnologico a monte del conteggio dei positivi. 

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"La Di Liberti - dicono i magistrati - chiama Madonia e gli chiede di inserire sia ad Agrigento che a Palermo i dati estratti dalla piattaforma Iss. Madonia viene informato dalla Di Liberti che oggi sono stati trasmessi 1.000 tamponi all''I.Z.S. e quindi è impossibile che ci siano pochi positivi, Madonia risponde che a Palermo in piattaforma ce ne sono molti meno caricati e quindi non vorrebbe che poi il dato risulti troppo elevato. La stessa Di Liberti risponde che 960 le sembrano troppo pochi per cui gli suggerisce di anticipare una parte dei probabili positivi dei tamponi che devono essere ancora processati: 100 a Palermo, 50 ad Agrigento e aggiungere altri 2.000 sul numero dei tamponi effettuati".

Nel dicembre, poi, la Di Liberti parla con il nipote, Salvo Cusimano (anche lui dipendente Asp) e, dicono i magistrati, "i due discutono di aspetti relativi alla verifica dei tamponi molecolari e della gestione dei dati. Nel corso della conversazione Salvo chiede alla zia, inoltre, il dato di 100 positivi su quale provincia deve inserirli, ad esempio quelli di Enna, in quanto vi sono quelli di Agrigento che avrebbero fatto sballare il conto".

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