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Venerdì, 29 Marzo 2024
La pandemia

Mascherine al chiuso, addio dal primo maggio: ecco come stanno le cose

Praticamente impossibile contenere il virus con la contagiosità delle nuove varianti. La fine dell'obbligo anche negli spazi chiusi sarebbe il vero ritorno alla normalità. Ma cosa ne pensano gli italiani? Draghi e Speranza decidono dopo Pasqua

Mascherine al chiuso, che succede il primo maggio? L'addio totale non è scontato. Ricapitoliamo. Al chiuso sono obbligatorie fino al 30 aprile. E' possibile, ma non assicurato, che dal 1º maggio non saranno più obbligatorie al chiuso. Si vedrà nella seconda metà di aprile. Intanto fino al weekend della Festa dei lavoratori restano obbligatorie le Ffp2 nei luoghi più a rischio: vanno indossate in aereo, nave, treno (non nei regionali, dove bastano quelle chirurgiche o altre), autobus, metro, pullman, funivie, cabinovie e seggiovie coperte. A scuola, nei bar e nei ristoranti basta la mascherina chirurgica. Sul luogo di lavoro serve la mascherina solo se non si può rispettare il metro di distanza dai colleghi. Niente mascherine per i bambini fino a sei anni, i fragili, gli accompagnatori dei disabili. Niente mascherina quando si balla in discoteca o quando si fa sport.

1º maggio: stop mascherine al chiuso o no?

Ma dal 1º maggio? Sembrano esserci sfumature differenti nei piani che circolano al Ministero della Salute e a Palazzo Chigi. Sarebbe sbagluato definirle divergenza, perché il dibattito non è entrato nel vivo, il Cts non esiste più dopo la fine dello stato di emergenza, e perché la decisione arriverà probabilmente dopo Pasqua. Il ministro Roberto Speranza sarebbe favorevole a un mantenimento dei dispositivi al chiuso, mentre Palazzo Chigi vorrebbe mandare un nuovo e definitivo messaggio di ritorno alla normalità al Paese. O almeno, è quel che riportano oggi varie indiscrezioni di stampa. 

I dati dimostrano che l'alta contagiosità di Omicron, ancora più infettiva nella sua seconda versione, rende praticamente impossibile contenere il virus. La convivenza con il virus è inevitabile, perché il Sars-cov-2 non scomparirà - probabilmente - mai più. Il rischio è che esplodano i contagi, come è successo in Gran Bretagna, ma sembra un rischio che prima o poi si dovrà correre. Intorno al 20 aprile si deciderà se prorogare o meno l'obbligo di mascherina al chiuso, che scadrebbe dieci giorni dopo.

Difficile trovare scienziati disposti a caldeggiare l'addio definitivo alle mascherine. Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e docente di Igiene pubblica alla Cattolica, ha detto: "Nel piano del governo quella di togliere l'obbligo di indossare i dispositivi di protezione al chiuso dal 1° maggio è un'ipotesi. Questo mese monitoreremo con molta attenzione la curva dei contagi. Ma mi sembra molto difficile poterla togliere dal primo maggio". Roberto Burioni dice: "Voi fate quello che volete, io se sono al chiuso in un ambiente affollato continuerò a portare la Ffp2". Secondo uno studio dei Cdc americani, con la mascherina Ffp2 al chiuso la possibilità di contagio si riduce dell'83%, con la chirurgica del 66% e con quelle di tessuto del 56%. Meglio che niente. Invece il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, dice che "ci sono le condizioni per abrogare l'obbligo dal 1° maggio". Staremo a vedere. 

Non è esclusa, quindi, a oggi, una proroga dell'obbligo almeno per tutto il mese di maggio. E gli italiani cosa ne pensano? Il 63% secondo un'indagine di Demopolis ritiene che sia ancora troppo presto per eliminarle definitivamente a fine aprile anche nei luoghi al chiuso, nella convinzione che sarebbe preferibile mantenerla, ad esempio nei trasporti, a scuola o nei supermercati.

Per quanto riguarda invece i ricoveri ospedalieri c'è un elemento che va rimarcato a proposito dei dato sui ricoveri in ospedale che emergono dai bollettini quotidiani. In ospedale chi viene ricoverato all’interno dei reparti Covid molto spesso oggi come oggi ci finisce non a causa dei deficit respiratori legati alle complicanze del virus Sars-CoV-2. Le polmoniti interstiziali bilaterali sono sempre più rare secondo quanto riferiscono medici infettivologi e virologi. La stragrande maggioranza dei pazienti sono persone che arrivano in ospedale con delle patologie, magari con un quadro clinico già complesso, e al tampone in ingresso o allo screening prima di un intervento chirurgico risultano positivi. A quel punto inevitabilmente diventano pazienti Covid, ma la loro "intensità" - in molti casi - non è più dettata dal Covid come nelle prime ondate che hanno messo sotto pressione il sistema ospedaliero da nord a sud: è invece la singola patologia diversa dal Covid a determinare la gravità e il conseguente ricovero in ospedale.

fonte Today.it

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