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Cronaca

"Spese pazze" al Cupa, la Corte dei Conti: "Già dal 2011 i soci avrebbero potuto rilevare le irregolarità"

Nella sentenza dei giorni scorsi che condanna Mifsud e l'ex segretario generale Vella, si indica quella data come la prima in cui gli enti hanno ricevuto tutta la documentazione sulle somme utilizzate dal maltese

Non è un'accusa, non c'è alcuna contestazione di merito, ma è un'indicazione che "cristallizza" una data, quella a partire dalla quale si sarebbe potuto (dovuto?) rilevare che Joseph Mifsud stesse utilizzando risorse del Cupa di Agrigento in modo non corrispondente alle finalità previste, senza però (è l'accusa) che venisse rilevato alcunché da chi era deputato al controllo burocratico.

Nei giorni scorsi, come abbiamo raccontato, la Corte dei Conti ha condannato l'ex presidente di origine maltese e l'allora segretario del Consorzio per spese che non è stato possibile "ricondurre alle finalità istituzionali in maniera univoca". All'interno di quella sentenza, i magistrati contabili hanno ritenuto prescritte le accuse per larghissima parte dei soggetti coinvolti ed è proprio il lavoro svolto per individuare il periodo ormai andato in prescrizione che serve ad approfondire meglio le vicende e capire anche se, e in che modo, quanto stava accadendo fosse pubblico.

I magistrati, in particolare, fissano al 24 marzo 2011 la data di partenza per calcolare la prescrizione delle violazioni contestate, giorno della "ricezione, da parte della Provincia regionale, del Comune e della Camera di commercio di Agrigento della documentazione inviata, su loro richiesta, dal Cupa".

"Prima di tale data - continuano -, tenuto conto dei procedimenti seguiti dagli odierni convenuti per il rimborso e il pagamento delle spese sostenute dal signor Mifsud, si ritiene, infatti, che l'ente danneggiato - benchè non vi sia stato un occultamento doloso da parte dei contenuti - non fosse in condizione di obiettiva conoscibilità del danno, in quanto non era in grado di avvedersi, secondo normali criteri di diligenza e con sufficiente grado di puntualità, del comportamento dei convenuti e del danno derivatone".

Insomma, nulla era segreto, ma non si sarebbe potuto avere piena contezza di quanto succedeva. Invece, dicono i giudici, "dall'invio del 24 marzo 2011, invece, detti soci, ricevuti i documenti da loro stessi richiesti e rilevata la dimensione delle spese nonché l'assenza di documentazione che testimoniava l'inerenza di dette spese alle finalità dell'ente, ben avrebbe potuto disporre degli approfondimenti volti a chiarire con esattezza le dimensioni del danno, disponendo le relative misure correttive".

In realtà, qualcosa era emersa già prima: era infatti già il 2009 (dicono sempre i giudici contabili) quando il Collegio dei revisori evidenziò una "singola irregolarità amministrativo-contabile" risalente all'ottobre di quell'anno durante un controllo al campione "della quale peraltro - dicono i giudici - non vi è prova di trasmissione al Cda". I soci, quindi, non erano in questo caso "nella condizione oggettiva di esercitare il conseguente diritto al risarcimento del danno". Procedure che, al netto delle posizioni personali, non sono state attivate all'epoca.

I giudici hanno rilevato che esistesse una proposta di deliberazione del Cda "relativa alla regolarizzazione delle spese effettuate con carta di credito dal novembre 2009 al dicembre 2009" della quale però "non vi è traccia di approvazone della stessa da parte del citato cda e non vi è prova che sia stata portata a conoscenza dei componenti di tale organo assembleare".

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