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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Marmista ucciso nel suo laboratorio, chiesta scarcerazione dell'operaio

I legali di Gaetano Sciortino si sono rivolti alla corte di Cassazione per annullare l'ordinanza di arresto, nelle prossime ore la decisione

La difesa di Gaetano Sciortino, l'operaio di 53 anni, accusato di avere massacrato e ucciso il marmista di 67 anni Giuseppe Miceli, chiede la revoca dell’arresto ai giudici della Cassazione. I difensori, gli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, hanno impugnato la decisione del Tribunale del Riesame di Palermo che, a sua volta, aveva confermato l’ordinanza del gip Stefano Zammuto. A distanza di una settimana dall’udienza i giudici ermellini non hanno ancora emesso una decisione che si attende per le prossime ore. L'omicidio è avvenuto il 7 dicembre del 2015. Sciortino, secondo l’accusa, avrebbe massacrato Miceli con delle lastre di marmo e alcuni arnesi da lavoro, fra cui un booster. Il movente del delitto non è stato mai accertato.

La Procura - l'inchiesta è stata condotta dal pm Silvia Baldi e ad occuparsi del fascicolo è adesso la collega Gloria Andreoli - ipotizzava che potesse essere stata la rapina. Il gip ha ritenuto insussistente questa ipotesi sul piano indiziario tanto che il movente resta tuttora un giallo. Nelle scorse settimane sono stati svolti degli accertamenti scientifici su richiesta degli stessi difensori. In particolare è stato passato al setaccio il luogo del delitto, il laboratorio di via Crispi, a Cattolica, dove – secondo i legali - non ci sarebbe alcuna impronta o traccia biologica del presunto assassino.

I consulenti di difesa e Procura, dopo essere entrati, hanno iniziato gli accertamenti scientifici che saranno resi noti nelle prossime settimane e faranno parte del fascicolo del processo.

Nelle scorse settimane, invece, anche in questo caso su sollecitazione della difesa, sono stati eseguiti gli esami antropometrici: si tratta, in sostanza, di una misurazione scientifica dell’arto utile a comprendere se è compatibile con la scarpa trovata in campagna che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata abbandonata dal killer e sarebbe la prova decisiva che inchioderebbe l’imputato alle sue responsabilità. Questo perché una delle prove principali sarebbe il ritrovamento di una scarpa in una discarica: secondo gli inquirenti sarebbe stata quella che avrebbe utilizzato l’assassino e che Sciortino, intercettato e controllato col gps, avrebbe tentato di far sparire non riuscendovi perché incontrò un conoscente e dovette cambiare strada.

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