"Faceva entrare droga e micro cellulari in carcere": ecco come nasce l'inchiesta "Alcatraz"
Il gip: "Monitorando le conversazioni dei detenuti ristretti alla casa circondariale di Trapani e in particolar modo dell'empedoclino James Burgio si aveva ulteriore contezza della gravità del fenomeno poiché emergevano altre utenze in uso sia a detenuti reclusi"
"Spampinato, nelle note del Ron del comando provinciale di Palermo, insieme a quelle della Squadra Mobile di Messina, ha dato origine al procedimento penale (operazione Alcatraz ndr.), essendo "stato più volte indicato come il soggetto che si adoperava per favorire l’ingresso nella struttura carceraria di micro telefoni e di stupefacente" - scrive il gip del tribunale di Trapani che ha firmato le ordinanze cautelari di quella che è stata l'operazione Alcatraz - .
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Come nasce l'inchiesta
Nel mese di ottobre 2019 è stata chiesta all'Autorità giudiziaria l’attivazione di una serie di servizi tecnici di intercettazione nei confronti di alcuni soggetti appartenenti alla polizia Penitenziaria in servizio alla casa circondariale di Trapani. Lo spunto investigativo proveniente da attività d’indagine della Squadra Mobile di Messina e dal nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo, nonché dalle dichiarazioni di Emanuele Puzzanghera - ricostruisce, nelle pagine dell'ordinanza di custodia cauteare, il gip -, soggetto all’epoca ristretto al Penitenziario di San Giuliano. Un detenuto che ha delineato un quadro in cui carcerati semiliberi e fruitori di permessi, utilizzando come base d’appoggio due attività commerciali nei pressi del carcere, e con la collaborazione di personale di polizia Penitenziaria, avrebbero avuto la possibilità di portare all’interno dell’Istituto sostanze stupefacenti e cellulari. Durante la captazione di alcune telefonate intercettate nell’ambito di procedimenti penali incardinati in altre Procure siciliane, sono stati registrati dei dialoghi intrattenuti da diversi soggetti ristretti in alcune carceri dell’isola, nelle quali si evidenziavano delle conversazioni avente come contenuto - ricostruisce il giudice per le indagini preliminari - traffici di oggetti non consentiti, veicolati, secondo la tesi investigativa, all’interno del penitenziario Trapanese anche con l’appoggio di alcuni agenti della Penitenziaria. L'autorità giudiziaria ha disposto l’attivazione dei servizi tecnici di intercettazione su 4 numerazioni IMEI di micro cellulari nella disponibilità a detenuti. L’attività, tuttavia, terminava per scadenza naturale, non avendo i bersagli prodotto traffico o, comunque, per aver generato traffico privo di interesse investigativo.
I detenuti: "Trapani fa schifo"
"Monitorando le conversazioni dei detenuti ristretti alla casa circondariale di Trapani e in particolar modo dell'empedoclino James Burgio 'si aveva ulteriore contezza della gravità del fenomeno poiché emergevano altre utenze in uso sia a detenuti reclusi' - scrive il gip - . "Erano addirittura gli stessi detenuti a definire “uno schifo” quello che si verificava in quella struttura, ponendo in risalto la facilità con la quale i detenuti potevano entrare in possesso di telefoni e di altro materiale proibito e paventando il possibile coinvolgimento di qualche appartenente alla polizia Penitenziaria". Da un'intercettazione telefonica emerge: "Li portano pure le stesse guardie .. là è schifoso proprio! E' schifoso! Pure i tunisini .. o tunisini se li vendono nei corridoi!!! Perciò ti devi immaginare .. ". "La circostanza evidenziava quanto fosse semplice per i detenuti far accedere, detenere e utilizzare apparati telefonici e altro materiale - ricostruisce il gip - . Semplicità che emergeva, ancora una volta, nella conversazione del 27 dicembre 2018, allorquando James Burgio informava …omissis… che gli avrebbe fatto pervenire un telefono poiché egli era già in possesso di un altro e, entro poco tempo, gliene avrebbero portati altri tre".
L'ordinanza firmata dal gip
Vanno in carcere: Natale Carbè, nato ad Avola, 69 anni; Antonio Lo Pinto, nato a Mazara del Vallo, 27 anni; Carmelo Salanitro, nato a Catania, 35 anni; Margaret Asaro, nata a Vaprio d’Adda, 51 anni; Vito Ingrassetto, nato a Mazara del Vallo, 27 anni; Salvatore Addolorato, nato a Mazara del Vallo, 27 anni; Alessio Scirè, nato a Mazara del Vallo, 31 anni; Antonello Sanfilippo, nato a Mazara del Vallo, 36 anni; Giuseppe Cirrone, nato a Erice, 54 anni; James Burgio, nato ad Agrigento, 31 anni; Gerlando Spampinato, nato ad Agrigento, 52 anni; Roberto Santoro, nato a Erice, 36 anni; Giuseppe Felice Beninati, nato ad Erice, 25 anni; Pietro Mazzara, nato a Erice, 35 anni; Davide Monti, nato a Bari, 32 anni; Nicola Fallarino, nato a Benevento, 38 anni; Nunzio Favet, nato a Palermo, 69 anni.
Vanno in vece ai domiciliari: Natale Carbè, nato ad Avola, 69 anni; Giuseppe Maurizio Cirrone, nato a Erice, 54 anni; Annarita Taddeo, nata a Benevento, 31 anni; Giuseppe Cangemi, nato a Salemi, 42 anni; Davide Monti, nato a Bari, 32 anni; Nicola Fallarino, nato a Benevento, 38 anni; Vincenzo Piscopo, nato a Benevento, 32 anni; Nunzio Favet, nato a Palermo, 69 anni. Adriano Leone, nato a Foggia, di 36 anni. Obbligo di dimora per G. P., nata a Palermo, 62 anni, e M. L. P., nata a Mazara del Vallo, 35 anni.
L'inchiesta e il sequestro di oltre 50 telefonini
Le indagini condotte dai militari del Comando provinciale di Trapani e dagli agenti del Nucleo investigativo regionale Sicilia della polizia penitenziaria sono state avviate, a ottobre 2019, dopo le denunce di alcuni detenuti passati dal carcere “Pietro Cerulli” che avevano segnalato episodi di corruzione. “Dietro nazione di denaro - si legge in una nota - gli indagati avrebbero consentito l’introduzione in carcere di sostanze stupefacenti, telefonini (oltre 50 quelli sequestrati) e altri beni come armi improprie, sigarette e profumi in favore di soggetti reclusi, anche appartenenti alla criminalità organizzata e ristretti in reparti di alta sicurezza”.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori è emerso uno “spaccato inquietante della realtà carceraria trapanese - si legge ancora nella nota - in cui la possibilità di utilizzare telefonini per comunicare all’esterno sembrerebbe essere diventata indispensabilità per la quotidianità”. Quando non c’erano agenti "infedeli" disponibili si trovavano altri metodi. Alcuni detenuti nascondevano il materiale all’interno delle scarpe o nelle loro cavità comporre. In altri casi è stato accertato che sono stati calciati dei palloni, imbottiti di droga o cellulari, oltre il muro, o venivano utilizzati dei droni con la collaborazione di persone specializzate in questo servizio di delivery. Complessivamente sono state indagate trenta persone tra le quali quattro agenti di polizia penitenziari che non sono più in servizio. Tra questi anche due poliziotti che non risultano fra i destinatari del provvedimento cautelare. Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, evasione, accesso indebito di dispositivi di idonei alla comunicazione e omessa denuncia di reato. "Uno degli ex agenti - si conclude nella nota - è indagato perché non avrebbe denunciato il presunto pestaggio di un detenuto a opera di alcuni colleghi".