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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Canicattì

"Minacce, sequestri e violenze per guidare il caporalato dei pakistani": 11 arresti, c'è anche una canicattinese

Durante le perquisizioni, sono stati rinvenuti in casa di uno dei fermati due “libri mastri”, che saranno adesso al vaglio degli inquirenti, nei quali erano descritti i nomi dei lavoratori sfruttati e il compenso che si aggirava sulle 30 euro al giorno 

Associazione per delinquere finalizzata al reclutamento e allo sfruttamento della manodopera da destinare al lavoro presso terzi (caporalato), alle estorsioni, al sequestro di persona, alle rapine, alle lesioni aggravate, alle minacce, alla violazione di domicilio, alla violenza o minaccia per costringere a commettere un reato. E' per queste accuse che, stanotte, i carabinieri della compagnia di Caltanissetta e la Squadra Mobile Nissena hanno arrestato - in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip su richiesta della Procura di Caltanissetta - 11 dei 12 indagati destinatari delle ordinanze. Dieci sono finiti in carcere e una - si tratta di una canicattinese ventunenne - è stata posta ai domiciliari.  Irreperibile un pakistano destinatario della misura della custodia cautelare in carcere.

IL VIDEO. Operazione "Attila", trovati due "libri mastri" durante le perquisizioni

Durante le perquisizioni, sono stati rinvenuti in casa di uno degli arrestati due “libri mastri”, che saranno adesso al vaglio degli inquirenti, nei quali erano descritti i nomi dei lavoratori sfruttati e il compenso che si aggirava sulle 30 euro al giorno. L’operazione ha tratto origine dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dall’Arma dei carabinieri nei confronti di un pericoloso gruppo di soggetti di nazionalità pakistana, da tempo residenti nel centro di Caltanissetta, dedito alla commissione di una serie di delitti contro la persona ed il patrimonio, in larga parte ai danni di loro connazionali.  "Si tratta di un gruppo ristretto che, agendo con metodo paramafioso, ha assoggettato la comunità di appartenenza, molto ampia a Caltanissetta e composta da persone oneste, sottoponendola ad un regime di vessazione e terrore e sfruttandola professionalmente al fine di assicurare all’associazione continuità nel tempo - hanno scritto dalla Questura e dal comando provinciale dell'Arma di Caltanissetta - . Numerosissimi gli interventi delle Volanti a favore di pakistani che chiedevano aiuto, così come numerose sono state le denunce presentate da altri pakistani a Milena e Sommatino.

"Proprio l’analisi della molteplicità di episodi di violenza riconducibili agli arrestati ha permesso di acclarare l’esistenza di una vera e propria associazione per delinquere, finalizzata ad imporre la propria egemonia sul territorio, - spiegano polizia e carabinieri - acquisita dal protratto periodo di operatività e rafforzata dal costante ricorso a condotte minatorie e violente di elevatissimo allarme sociale. Sono state individuate le auto e le utenze in uso agli indagati. Il gruppo, molto coeso e capeggiato dall’indiscusso leader Shoaib Muhammad, ha anche condizionato il settore agricolo dell’entroterra siciliano. L’indagine ha consentito di rilevare che Shoaib Muhammad, Ahmed Bilal, Imran Ali, Ali Mohsin e Giada Giarratana - ricostruiscono, ufficialmente, carabinieri e polizia - reclutavano manodopera pakistana col metodo del caporalato. Proprio questi caporali pakistani destinavano i loro connazionali al lavoro presso titolari di aziende agricole, in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, accordandosi sull’entità del compenso, che si aggirava sui 25/30 euro al giorno, direttamente con i datori di lavoro e trattenendo per sé una parte o persino la totalità del corrispettivo, già palesemente basso. Le timide rimostranze avanzate dai lavoratori per ottenere il compenso loro spettante venivano represse - prosegue la ricostruzione - attraverso efferate spedizioni punitive. In questo desolante panorama, si inseriscono anche i titolari delle imprese dove i lavoratori pakistani venivano condotti a lavorare, poiché, dal canto loro, trovavano conveniente rivolgersi ai caporali loro connazionali perché ben consapevoli che nessuna denuncia sarebbe mai potuta intervenire a danneggiarli, proprio in relazione alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori".

Ed è proprio in tale contesto criminoso che è maturato l’omicidio del pakistano Siddique Adnan avvenuto la sera del tre giugno scorso, che si era ribellato, denunciando i suoi caporali. Per l’efferato delitto vennero arrestati ben sei dei soggetti colpiti dall’odierna misura cautelare, ossia Shoaib Muhammad, Awan Muhammad Sharjeel, Ali Shujaat, Ahmed Bilal, Imran Ali, Mehdi Muhammad e Muhammad Nawaz.

Già prima dell’omicidio la banda aveva commesso numerosi episodi di violenza in territorio nisseno, con un escalation di violenza davvero impressionante. "Un nigeriano veniva aggredito e malmenato a colpi di bastone e spranghe di ferro per il solo fatto di aver chiesto il corrispettivo dell’attività di bracciante agricolo svolto per loro conto, riportando ferite guaribili in 20 giorni. Ancora, Shoaib Muhammad tentava di estorcere ad un pakistano la somma di 300 euro - ricostruiscono gli investigatori - quale ingiusto profitto dell’intermediazione illecita finalizzata al caporalato. Non contento, l’indomani, Shoaib Muhammad, unitamente ad Ahmed Bilal (inteso Bilal Muhammad), Muhammad Nawaz, Ali Shujaat, Mehdi Muhammad sequestravano l’estorto, lo prendevano per le caviglie e le spalle, lo posizionavano sui sedili posteriori dell’autovettura di proprietà di Shoaib Muhammad,e lo conducevano all’interno dell’abitazione di Imran Ali (inteso Cheema Muhammad Imran) e di Giarratana Giada (la 21enne di Canicattì); lo costringevano a terra in una stanza semivuota, lo accerchiavano, puntandogli un coltello alla gola, e lo trattenevano per circa tre ore, intimandogli di chiamare il padre in Pakistan allo scopo di farsi mandare 5.000 euro per ottenere la sua liberazione". Le indagini hanno fatto luce su molti altri episodi di inaudita violenza. 

Le ordinanze di custodia 

Misura della custodia in carcere: 
1.    SHOAIB Muhammad, 27 anni, pakistano celibe, con precedenti di p.g., regolare su territorio nazionale, nullafacente, attualmente detenuto per altra causa;
2.    AWAN Muhammad Sharjeel, 20 anni, pakistanocon precedenti di p.g., regolare su territorio italiano, nullafacente;
3.    ALI Shujaat, 32 anni, pakistano, attualmente detenuto per altra causa;
4.    MEHDI Muhammad, 48 anni, nato in Pakistan, attualmente detenuto per altra causa;
5.    MUHAMMAD Nawaz,32 anni, pakistano, attualmente detenuto per altra causa;
6.    IMRAN Ali,28 anni, pakistano, con precedenti di p.g.attualmente detenuto per altra causa;
7.    AHMED Bilal, 23 anni, pakistano, con precedenti di p.g., regolare su territorio italiano, nullafacente;
8.    ALI Mohsin, 32 anni, pakistano,  pregiudicato, regolare su territorio italiano, bracciante agricolo
9.    KHURAM Shedaz, 33 anni pakistano, con precedenti di p.g., regolare su territorio italiano, nullafacente;
10.     MUHAMMAD Arshad, 37 anni, pakistano celibe, pregiudicato, regolare su territorio italiano, nullafacente, attualmente detenuto per altra causa; 

Misura degli arresti domiciliari: 
11.    GIARRATANA Giada, 21 anni, di Canicattì (AG), incensurata, casalinga. 

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