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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Canonizzazione del giudice Livatino, ultimo atto a Sant'Alfonso: conclusa la fase diocesana

Don Franco: "Gli incartamenti saranno trasferiti a Roma. Non abbiamo scadenze. L’appuntamento che vi do è quello del 3 ottobre"

Dal palazzo vescovile di Agrigento, parole importanti sul processo diocesano di canonizzazione del servo di Dio, Rosario Angelo Livatino. In conferenza stampa l’arcivescovo di Agrigento, don Franco Montenegro, il giudice delegato per il processo diocesano, don Lillo Argento e don Giuseppe Livatino.

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“Siete in attese di novità – ha detto don Franco - . Gli incartamenti saranno trasferiti a Roma. Non abbiamo scadenze. L’appuntamento che vi do è quello del 3 ottobre, alla chiesa Sant’Alfonso. Mi preme ringraziare il tribunale ecclesiastico. Si sono impegnate molte persone, tra queste don Lillo Argento, ma anche don Giuseppe Livatino. In silenzio ha lavorato tanto gente. Quella di Rosario Livatino, è una figura che conosciamo tutti abbastanza bene. Livatino è stato un professionista consapevole del suo ruolo, ma anche un credente convinto e praticante. Se ha vissuto la sua professione in maniera così egregia è perché ha creduto in ciò che faceva. Livatino – ha fatto sapere don Franco -  è un uomo che ha vissuto la sua vita, la santità  è proprio questa, una vita buona vissuta con la luce di Dio”.

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Alla conferenza è intervenuto don Lillo Argento. “Il prossimo 3 ottobre, presso la chiesa Sant’Alfonso si conclude la fase diocesana del processo di canonizzazione del magistrato Rosario Livatino. E’ stato un cammino importante – dice -. si è partito da lontano per poi arrivare alla fatidica decisione. Il 3 ottobre verranno consegnati gli atti originari del processo, le operazioni saranno pubbliche. Noi abbiamo fatto questo lavoro con impegno e umiltà. Sono stati sentiti 45 testimoni, tra questi anche uno degli autori dell’omicidio. Nomi? Non posso. Il processo non è ancora concluso. I componenti del commando erano cinque, tre si sono dissociati, soltanto uno si è pentito”.

A dedicare parole al giudice “ragazzino”, anche don Giuseppe Livatino: “Il giudice era conosciuto, ma molte delle sue cose erano tanto private. Il ritratto che viene fuori è un quasi a tutto tondo. Lui non amava fare parlare di sé, ricostruire il suo personale non è stato facile. Sono venuti fuori diversi aspetti che hanno delineato la figura di un magistrato determinato e integerrimo.  Aveva molto rispetto della gente”.

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