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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Tribunale / Canicattì

Gli chiede aiuto fingendo incidente della figlia e lo rapina con un coltello, il racconto in aula della vittima

Un ventenne ha spiegato di avere preso il portafogli dalla tasca e di essere stato aggredito da una donna e da un complice. Il riconoscimento dagli album fotografici. "Sono loro"

"Stavo andando a prendere la macchina, posteggiata vicino al negozio dove lavoravo, e ho visto avvicinarsi una donna molto agitata. Mi ha detto che la figlia aveva avuto un incidente e che le servivano dei soldi, ho aperto il portafogli e un uomo che era poco distante da lei mi ha puntato un coltello e mi ha sottratto una banconota da 50 euro che tenevo all'interno".

Inizia così il racconto, fatto dalla presunta vittima dell'aggressione in aula, davanti ai giudici della prima sezione penale, presieduta da Alfonso Malato. A farne le spese è un ragazzo oggi ventiduenne scelto a caso da una coppia di rapinatori perchè passava a piedi di fronte a una nota gelateria di Canicattì. 

L'episodio al centro del processo risale al 4 marzo del 2020. Sotto accusa, dopo il riconoscimento fatto da alcuni album fotografici da parte del giovane, due canicattinesi: Antonio Giardina e Maria Albanito. La presunta vittima, rispondendo al pubblico ministero Barbara Cifalinò, all'avvocato Viviana Termini, difensore degli imputati e al presidente del collegio, ha ricostruito i fatti con dovizia di particolari.

"Dopo che mi hanno puntato un coltello a scatto e sottratto dalle mani 50 euro - ha detto il ragazzo -, mi è venuto di istinto correre e inseguirli. Per alcuni metri ho provato a bloccarli, poi mi sono reso conto che non conveniva, erano armati di un coltello e per 50 euro non valeva la pena di rischiare guai peggiori. Dopo un pò non sono più riuscito a raggiungerli e mi sono fermato. Subito dopo sono andato in commissariato a presentare la denuncia".

Le indagini della polizia prendono subito una strada precisa e si indirizzano ai due imputati. Il ventenne li riconosce dagli album fotografici. Lo stesso riconoscimento, sollecitato dal pubblico ministero, viene ripetuto in udienza.

"Sono loro, non c'è dubbio. Non li conoscevo prima di quell'episodio". La presunta vittima della rapina, che ha precisato di avere provato compassione per avere creduto alla tesi che avesse bisogno di denaro per un'emergenza legata alla figlia che aveva avuto un incidente, rispondendo all'avvocato Termini, si è pure detta disponibile a passarci sopra. 

"Per 50 euro per me si può chiudere qua, non sono mai stato prima di oggi dentro un tribunale". La vicenda, però, non si può chiudere in alcun modo perchè l'accusa di rapina aggravata è perseguibile di ufficio a prescindere dalla presentazione di una querela o dalla volontà di ritirarla. 

Dopo il ventenne è stata la volta della deposizione di un poliziotto del commissariato che ha confermato che i due imputati "avevano l'abitudine di fermare la gente con la scusa che la figlia della donna aveva avuto un incidente, in questo modo li rapinavano o semplicemente si facevano consegnare del denaro". L'agente, tuttavia, non ha compiuto alcuna attività di indagine specifica sul punto. 

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