"Ricordati che mi chiamo Putano e se mi denunci passerai guai". Antonino Putano, 74 anni e il figlio Massimo, 45 anni, finiscono a processo con l'accusa di rapina aggravata ai danni di un imprenditore di Canicattì che li avrebbe sorpresi a rubargli trenta tubi di irrigazione.

Alla prima udienza del dibattimento, davanti ai giudici della seconda sezione penale, presieduta da Wilma Angela Mazzara, sono stati ascoltati l'ex dirigente del commissariato Cesare Castelli e alcuni agenti che hanno preso parte alle indagini, raccogliendo la denuncia e prelevando il camion con cui sarebbe stato commesso l'assalto per eseguire gli accertamenti. "Le vittime - hanno detto gli agenti - ci hanno subito fatto i nomi dei Putano e hanno indirizzato le indagini su una pista precisa".

L'udienza è stata poi aggiornata al 28 giugno. L'episodio al centro della vicenda risale al 13 agosto del 2018. Padre e figlio (che hanno nominato come difensori gli avvocati Calogero Meli e Calogero Lo Giudice), con un autocarro sarebbero entrati dentro un allevamento per rubare dei tubi dell'irrigazione, venendo scoperti da uno dei proprietari che si trovava all'interno.

L’uomo intimò ai due intrusi, secondo la ricostruzione dell'episodio, di fermarsi e lasciare i tubi che erano stati già caricati sul mezzo. La risposta sarebbe stata molto eloquente: Massimo Putano lo avrebbe minacciato di passare guai se lo avesse denunciato ostentando il suo cognome e, quindi, vantando uno spessore criminale. Subito dopo sarebbero saliti sull'autocarro per fuggire con la refurtiva incontrando la resistenza dei proprietari che avrebbero cercato di bloccarli inseguendoli con la loro auto e venendo, invece, speronati.