"Falsificarono bilanci e ostacolarono la Banca d'Italia", la prescrizione "salva" tre dirigenti
Dopo oltre dieci anni i reati a carico dei vertici del Bcc San Francesco non sono più punibili
"Non doversi procedere per intervenuta prescrizione": il decorso del tempo spazza via le accuse che scaturivano da due inchieste, poi accorpate in un unico processo, sulle presunte irregolarità nella gestione della Banca di Credito Cooperativo San Francesco di Canicattì.
Sul banco degli imputati, nel secondo filone dell’inchiesta, due ex dirigenti, accusati di avere falsificato i bilanci per ingannare soci e risparmiatori, occultando svalutazioni e passività. Si tratta di Luigi Salvatore Di Franco, 66 anni, di Canicattì, ex vice presidente del Cda dell’istituto di credito, e Domenico Raneri, 67 anni, di Licata, direttore generale della banca. Nell'ambito della prima inchiesta era finito a processo anche l'ex presidente Vito Augello, 77 anni.
I due procedimenti, dopo le due udienze preliminari e i rinvii a giudizio, sono stati accorpati in un unico processo che si è celebrato davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Alfonso Malato.
Augello, arrestato ingiustamente nell’inchiesta “Alta mafia” quando era dirigente del Comune di Canicattì, e poi risarcito dallo Stato, insieme a Di Franco era stato oggetto di un controllo della Banca d’Italia. L’ispezione si concluse nel peggiore dei modi e venne ipotizzato un danno di 36,5 milioni di euro di cui fu chiesto il risarcimento. L’iniziativa coinvolgeva la Banca di credito cooperativo San Francesco di Canicattì anche attraverso ex amministratori, dirigenti e sindaci dell’istituto avvicendatisi nel periodo compreso tra il 2001 e il 2011.
Gran parte della documentazione fu trasmessa alla Procura di Agrigento. Lo stesso Di Franco, in un primo momento, era stato prosciolto in udienza preliminare da alcune accuse.
La Procura, poche settimane dopo, gli ha contestato due nuove ipotesi di reato in concorso con Raneri chiedendone e ottenendone il rinvio a giudizio. L’accusa era quella di avere falsificato il bilancio del 2011 “occultando svalutazioni su crediti in sofferenza e perdite su investimenti non andati a buon fine secondo le aspettative”. Agli imputati veniva contestato di avere ostacolato l’attività di vigilanza della Banca d’Italia omettendo di comunicare dati reali sulla effettiva situazione e fornendo notizie “difformi dalla effettiva situazione”.
Augello rispondeva di due ipotesi di falso in bilancio e altrettante presunte violazioni della normativa sui rapporti con le autorità di vigilanza. Il pm Alessandra Russo, pur ritenendo che i fatti fossero provati, aveva chiesto ai giudici di emettere una sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
I difensori (gli avvocati Raffaele Barra, Marcello Montalbano, Vincenzo Sica e Luigi Cascino) avevano insistito, anche presentando consistenti memorie, per un'assoluzione nel merito.