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Cronaca Camastra

"Il racket dei funerali", cognato vittima denunciato per falsa testimonianza

Ristoratore, ritenuto il mediatore fra il boss Rosario Meli e il titolare dell'agenzia, accusato di reticenza in aula al processo "Vultur"

Un operaio, amico e collaboratore della vittima, non si lascia intimidire e conferma le accuse a carico del presunto boss Rosario Meli. Il cognato, invece, nega in maniera un po’ troppo plateale alcune circostanze che aveva già messo per iscritto e rimedia una denuncia per falsa testimonianza. Altra udienza “calda”, quella del processo “Vultur” dal nome dell’inchiesta che ricostruisce alcune vicende mafiose a Canicattì e Camastra.

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Proprio per la delicatezza delle deposizioni che erano in programma il presidente della seconda sezione Luisa Turco, che presiede il collegio composto anche dai giudici Rosanna Croce ed Enzo Ricotta, ha disposto che l’udienza si celebrasse nell’aula bunker del carcere Petrusa e non, come di consueto, nell’aula 16 del tribunale, proprio per consentire ai testi di avere il minore condizionamento ambientale possibile. Sul banco degli imputati siedono Rosario Meli, 69 anni, di Camastra; il figlio Vincenzo Meli, 46 anni, di Camastra; Calogero Piombo, 65 anni, di Camastra; e Calogero Di Caro, 70 anni, di Canicattì. Le accuse ipotizzate sono di associazione mafiosa ed estorsione. Il personaggio principale è Rosario Meli, detto “u puparu”, figura di spicco della mafia anche in passato, al quale si contesta di essere stato il capo della famiglia mafiosa di Camastra.

Ieri è stato ascoltato Gioacchino Verga, operaio che ha collaborato a lungo con Vincenzo De Marco, titolare di un’agenzia di onoranze funebri, facendo i lavori di tumulazione di alcune salme. “Nel 2003, quando è morta mia zia, - ha raccontato rispondendo al pm Maria Teresa Maligno - mi sono rivolto a lui per il funerale”.

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Poi racconta un episodio decisivo, relativo al 2012. “Nove anni dopo, quando è morto mio padre mi rivolsi ancora a lui. In una circostanza eravamo insieme in auto, ci fermò Rosario Meli e volle parlare a De Marco. Non ho assistito alla conversazione ma quando Vincenzo tornò in macchina era piuttosto arrabbiato. Dopo un po’ di tempo seppi che gli aveva chiesto dei soldi per ogni funerale che faceva”.

Molto più sofferta, invece, la deposizione del ristoratore Domenico Casuccio, cognato di De Marco che peraltro gestisce l’attività insieme alla moglie, sorella del teste. Casuccio, che in passato è stato presidente del consiglio comunale del paese, ha detto di “non essere a conoscenza di alcun contrasto fra mia sorella e mio cognato con Meli” contraddicenco quanto gli stessi avevano raccontato in una delle recenti udienze.

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