Appalti pilotati per favorire la 'Ndrangheta, 63 le misure cautelari: coinvolti pure 4 imprenditori agrigentini
La Guardia di finanza ha eseguito 14 provvedimenti d'arresto domiciliare, 20 obblighi di presentazione alla pg e 29 divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriale
Associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche - aggravate dall’agevolazione mafiosa - nonché abuso d’ufficio e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Sono 63 i provvedimenti cautelari - fra i quali 4 per altrettanti agrigentini - eseguiti dalla Guardia di finanza con il coordinamento della Procura – Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria per l'operazione “Waterfront”. Sott'accusa anche imprenditori e pubblici ufficiali.
I provvedimenti, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia, Messina, Palermo, Trapani, Agrigento, Benevento, Avellino, Milano, Alessandria, Brescia, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma, sono - scrivono dalla Guardia di finanza - così distinti:
- 14 arresti domiciliari nei confronti di Francesco Bagalà classe 77, Francesco Bagalà classe 90, Giorgio Morabito, Angela Nicoletta, Carlo Cittadini, Giorgio Ottavio Barbieri, Cristiano Zuliani, Francesco Migliore, Filippo Migliore, Alessio La Corte, Vito La Greca, Francesco Mangione, Giovanni Fiordaliso, Domenico Gallo.
Gli agrigentini coinvolti sono: gli imprenditori di Cammarata Francesco Migliore, 60 anni, e Filippo Migliore, 50 anni (ex presidente del Kamarat calcio ed ex consigliere comunale), e gli imprenditori di Santo Stefano Quisquina Alessio La Corte, 36 anni e Vito La Greca, 39 anni. Tutti sono, appunto, secondo quanto rende noto la Guardia di finanza, agli arresti domiciliari.
Gli altri provvedimenti eseguiti dalle Fiamme gialle sono:
- 20 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di: Pierluigi Risola, Antonino Crea, Michele Gabriele, Santo Fedele, Giuseppe Currenti, Francesco Fedele, Bruno Polifroni, Santo Custureri, Luigi Bagalà, Alessandra Campisi, Caterina De Giuseppe, Marzia Granchi, Pietro Pileggi, Antonino Quattrone, Domenico Coppola, Santo Gagliostro, Vincenzo Bressi, Maria Alati, Luca Giacchetti, Simona Castiglione.
- 29 divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriale, nei confronti di Andrea Amato, Antonio Barbaro, Francesco Chiambriello, Antonio Cilona, Sergio Cittadini, Giuseppe Cosentino, Demetrio De Angelis, Francesco Deraco, Gianluca Fiore, Iacopo Granchi, Rossano Granchi, Angelo Sebastiano Locatelli, Giuseppe Loprete, Leonardo Maiolo, Mattia Mattogno, Domenico Mauger, Ludovica Giuseppina Miceli, Giovanni Oliveri, Giuseppe Patrice Oliveri, Antonino Papalia, Alessandro Piccirilli, Francesco Pileggi, Fortunato Igor Pisano, Vincenzo Polifroni, Carlo Pollaccia, Giovanni Romano, Agostino Ruberto, Giovanni Todarello e Francesca Trunfio.
Le misure riguardano un patrimonio complessivamente quantificato in oltre 103 milioni di euro costituito dall’intero patrimonio aziendale di 36 imprese/società, nonché dalle disponibilità finanziarie (rapporti bancari/finanziari/assicurativi e partecipazioni societarie) di 45 indagati. In tale contesto, è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente fino alla concorrenza complessiva di circa 9,5 milioni di euro su beni mobili, immobili, quote e azioni di società, rapporti bancari/ finanziari/ assicurativi, intestati a 7 indagati.
Le gare turbate
Le gare turbate e investigate dai militari del Gico - bandite tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla Suap (Stazione unica appaltante) di Reggio Calabria - hanno riguardato appalti per un valore complessivo superiore a 100 milioni di euro. Le indagini - corroborate da consulenze tecniche all’uopo disposte dalla Dda - hanno accertato: la turbativa di nr. 15 gare d’appalto – tra il 2014 e il 2016 – indette per la realizzazione di grandi opere pubbliche nei comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio Morgeto, Siderno, per un valore di oltre 58 milioni di euro. Al riguardo, è stato individuato - scrive la Guardia di finanza - un illecito cartello costituito da 43 imprese aventi sede in diverse regioni - articolato in cordate (calabrese, romana, toscana, siciliana e campana) - che hanno partecipato - a vario titolo - ai pubblici incanti investigati, determinandone indebitamente l’esito, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, garantendo, in tal modo, l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese del cartello. Le indagini hanno accertato la turbativa di 7 gare d’appalto, conseguenti allo stanziamento - tra il 2007 e 2013 – di fondi comunitari per un importo complessivo di circa 42 milioni di euro, destinati alla riqualificazione delle aree urbane di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, e dei relativi lungomare, in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (P.I.S.U.) previsti dal “POR Calabria FESR 2007/2013 Asse VIII Città Obiettivo Specifico 8.1. "Città e Città ed Aree Urbane". Le condotte delittuose - spiegano sempre dalle Fiamme Gialle - sono risultate aggravate dalla finalità di agevolare l’attività della ‘Ndrangheta, nella sua articolazione denominata cosca“Piromalli” di Gioia Tauro che si è assicurata una rilevante “tangente ambientale”, garantendo la realizzazione dei lavori.
Le posizioni
"Ai vertici di tale sodalizio, le risultanze investigative hanno posto Francesco Bagalà di 43 anni e Giorgio Morabito, i quali, con l'ausilio di Francesco Bagalà classe '90 - hanno scritto dalla Guardia di finanza - hanno realizzato una serie di numerosi reati contro la pubblica amministrazione, nonché contro l’industria ed il commercio per appropriarsi di ingenti risorse pubbliche costituite dai fondi comunitari (P.I.S.U.), i quali, piuttosto che essere destinati ad una riqualificazione del waterfrontdi Gioia Tauro, hanno consentito un ingente lucro ai danni degli enti pubblici interessati. Il ruolo di imprenditori 'collusi' dei Bagalà era già emerso in maniera chiara dalle risultanze del procedimento 'Cumbertazione', conclusa nel 2017 dal Gico con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 27 persone per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere semplice e aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, nonché di provvedimenti cautelari reali su decine di imprese.