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Cronaca

Inchiesta "Xydi", le intercettazioni: beni di Falsone sottratti alla confisca, che fine hanno fatto?

Stando a quanto emerge dal provvedimento di fermo, Buggea rincuora i familiari dell’ex capo provincia: “Comunque non ci pensate, che queste cose affacciano”

“C’erano cose assai e non abbiamo trovato più niente! C’erano camion, c’erano escavatori…”. E’ il 21 luglio dello scorso anno quando, all’interno dello studio legale di Canicattì, Giancarlo Buggea (uno dei 22 fermati nell’ambito dell’operazione antimafia “Xydi”), incontrando un familiare del boss Giuseppe Falsone, cerca di capire come fare ad individuare, “ad avere notizie più aggiornate per l’esatta individuazione dei beni del Falsone – scrivono, nel provvedimento di fermo, i magistrati della Direzione distrettuale antimafia - sottratti alla confisca”. E – stando a quanto emerge dagli incartamenti – il familiare dell’ex capo provincia confermerebbe l’esistenza di beni: “C’erano appartamenti”. Buggea: “Siccome Peppe .. parole incomprensibili… certosino, che sapeva conservare, sapeva fare, sapeva dire”.

L’occasione del dialogo – rilevato dalle cimici installate dai carabinieri del Ros che si sono occupati di sviluppare sul campo le indagini – sarebbe stata data dalla scarcerazione di un uomo vicino a Falsone e ad altri uomini d’onore, una persona che poteva avere queste delicate informazioni.

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“Lo stesso Buggea – stando a quanto viene ricostruito dai pm della Dda - informava i congiunti dell’ergastolano che una delle questioni che aveva affrontato con (omissis: l’uomo appena scarcerato) era quella legata alle verifiche che entrambi avevano intenzione di effettuare al fine di individuare e recuperare alcuni beni che Falsone era riuscito, si comprende mediante intestazione ad insospettabili prestanome, a sottrarre – prosegue la ricostruzione degli inquirenti - alle misure di prevenzione patrimoniali. Buggea suggeriva di incontrarsi con (omissis: lo scarcerato) posto che costui era l’unico, oltre a sé stesso ed al medesimo Giuseppe Falsone, a poter conoscere esattamente i beni che erano rimasti nella disponibilità occulta del capo provincia”. A rincuorare i familiari dell’ex capo provincia sul fatto che quei beni sarebbero stati recuperati sarebbe stato lo stesso Buggea: “Comunque non ci pensate, che queste cose affacciano”. “Chiarissimo, ad un certo punto, il riferimento a beni di grossa consistenza che, sfuggiti alla confisca, - ricostruiscono i magistrati della Dda - dovevano essere recuperati nella disponibilità del capo mafia e della sua famiglia. Beni questi - faceva notare il Buggea, prosegue la ricostruzione, - qualora fosse stato lui libero (essendo stato egli detenuto dal 2006 al 2012), gli sarebbero stati certamente affidati per averne cura per conto della famiglia Falsone”.

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