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Cronaca

Blitz "Xydi", il boss Falsone intercettato in carcere: "C'è da scappare dalla Sicilia"

In una conversazione registrata dai carabinieri l'ex capo provincia di Cosa Nostra si lancia in articolate metafore agronomiche che, secondo gli inquirenti, avevano però un messaggio preciso

Le metafore che richiamano una finta saggezza contadina contrapposta al piglio dell' "uomo di governo" e addirittura dell'osservatore delle dinamiche sociali;  la cancerosa idea di una mafia che fa crescere la società, il controllo - secondo gli inquirenti - su quanto avveniva fuori dalle mura di un carcere che per lui, teoricamente, dovevano essere inviolabili.

Il boss Giuseppe Falsone, a colloquio con l'avvocatessa Angela Porcello, intercettato nel contesto dell'inchiesta "Xydi" sembra un don Mariano Arena di Sciasciana memoria o un "padrino" dell'omonimo film di Francis Ford Coppola. Un passaggio che le microspie hanno captato lasciando increduli i carabinieri che colgono il taglio "cinematografico" del momento, descrivendolo come "una pagina di antologia mafiosa" e annotando: "Il tenore della conversazione superava ogni più fervida immaginazione investigativa".

Siamo nell'aprile del 2019. Falzone è a colloquio telefonico con la sua legale quando intraprende una conversazione con il fine di "far giungere ai suoi sodali in libertà le ragioni della sua insoddisfazione in ordine alla gestione della provincia mafiosa di Agrigento". Il riferimento è ad episodi di piccola criminalità come rapine di modesta entità che sfuggivano al controllo della criminalità organizzata.

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"Eh, ma non c’è niente, va a finire - dice Falsone -... quando c’è miseria in un territorio, può succedere di tutto! Di tutto e di più! ... tipo... tipo western... mi immagino, no? (...) quando non c’è un... un... un buon senso, diciamo, e ragionevolezza, ognuno poi ragiona a conto suo, questo è il... quando non c’è punto di riferimento di... la società da noi è una società difficile, c’è da scappare dalla Sicilia, io non lo so come la gente resiste... perché... economicamente non c’è, socialmente non c’è, giudizialmente non c’è, per cui uno... si può vivere in un territorio dove non c’è niente? Niente..".

Il potere è controllo, sostanzialmente. E una società "tranquilla" è una società in cui crescono tutti. Soprattutto i mafiosi. Per far filare il suo ragionamento Falsone ricorre a due metafore agresti, connesse alla coltivazione del carciofo e della vigna: tagliata la pianta principale spuntano da ogni dove getti improduttivi. Che, dice l'agronomia, vanno o tagliati o innestati perchè portino nuovo frutto. Per gli investigatori il riferimento è chiaro: "E' evidente - dicono - il reale significato sotteso alle parole utilizzate dal capo mafia, il quale intendeva con esse veicolare l’ordine (chiaramente rivolto ai suoi sodali in libertà) di attuare un maggiore controllo del territorio, onde non lasciare terreno e spazio di manovra criminale a nuovi gruppi organizzati ovvero ad altre fazioni mafiose".

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"O si indirizza una società verso... - dice ancora Falsone - o se no ognuno va per conto suo e non si capisce più niente, no? Ci vuole un minimo di organizzazione sociale, no? Chi la deve fare? Chi la deve fare? Chi se la deve prendere questa briga di un’organizzazione sociale? Lo Stato dov’è? (...) non è che (...) perché la società è complessa, non è una cosa semplice, io ho letto qualche cosa di psicologia sociale, no? e la società è qualche cosa... non è che è facile? È una cosa complessa e non è che è con le chiacchiere o con gli arresti o con le cose... con la gente ci vuole educazione, ci vuole persuasione, ci vogliono mediatori sociali... Come si fa una situazione del genere? Io non lo so! In una terra depressa come la nostra, dal mezzogiorno a scendere che è depressa terra, non lo so... non se ne esce più!".

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Falsone, nella chiacchierata con il suo avvocato, è chiaro: "ma che glieli dobbiamo risolvere noialtri il problema allo Stato? Se li risolve da se, no? A noi ci hanno macellato, perché poi vero è che ci sono state le cose brutte, ma ci sono state le cose a favore della società, no? È un insieme di cose, no? Non è che si può prendere il bello... solo il bello? Anche il brutto! È così, la vita è complessa, le situazioni sono complesse, non è che niente di facile?!".

Un discorso pericoloso perché infarcito di luoghi comuni e di una "normalizzazione" del fenomeno mafioso e che, secondo gli inquirenti, dimostra soprattutto "come il lungo periodo trascorso al regime speciale di cui all’art 41 bis non ne avesse in alcun modo scalfito le capacità di comando... formatosi sotto l’ala protettrice di Provenzano - espressione della più radicale e spietata ortodossia di cosa nostra".

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