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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Ribera

"Aggredì il figlio con una forbice", Corte d'appello: "No al risarcimento danni"

La richiesta era stata avanzata nei confronti del carabiniere che esplose due colpi di pistola agli arti inferiori della donna

Anche in sede civile è stata esclusa ogni responsabilità del carabiniere che è intervenuto nella vicenda relativa alla morte di Rosetta Caternicchia, la riberese di 37 anni che, nel 2013, aveva aggredito il figlio di 10 anni a colpi di forbice e che, successivamente, è morta dopo una lunga degenza ospedaliera. La prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo ha condiviso la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza di primo grado del tribunale di Palermo, rigettando l’appello del marito della donna e la richiesta di quantificare i danni in un milione e mezzo di euro. Lo riporta oggi il Giornale di Sicilia. I giudici d’appello hanno operato, nella sentenza, una ricostruzione della vicenda fin da quando, durante quella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 2003, i carabinieri sono intervenuti nella via Indirella di Ribera, dove hanno trovato due persone, vicini di casa della famiglia della donna, le quali avrebbero trattenuto la Caternicchia, in stato di agitazione.

La donna, secondo la ricostruzione, impugnava grosse forbici da sarto ed era accompagnata da un cane pit-bul. Il figlio della donna si trovava all’interno della casa. Durante quelle fasi la Caternicchia avrebbe profferito espressioni minacciose nei confronti del carabiniere ed avrebbe tentato di colpirlo. È in questa fase che il carabiniere ha esploso due colpi di pistola agli arti inferiori della donna. Per i giudici della prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo deve ritenersi che la decisione sia stata presa dal militare per neutralizzare la donna ed evitare ulteriori pericoli non solo a sé, ma anche per le altre persone presenti. 

Per i giudici d’appello deve quindi riternersi che il carabiniere abbia agito nell’adempimento del suo dovere e la sua condotta sia stata scriminata dall’uso della legittima difesa e dall’uso legittimo delle armi. Il carabiniere in sede penale era stato assistito dagli avvocati Maurizio Gaudio e Giovanna Craparo e dinanzi ai giudici della prima sezione della Corte di Appello di Palermo è stato rappresentato dagli avvocati Salvatore Craparo e Luciano Augello, dello studio Di Paola. Si sono costituiti nel giudizio il ministero della Difesa, rappresentato dall’avvocatura distrettuale dello Stato, la Zurich Insurance e il Fondo assistenza previdenza e premi per il personale dell’Arma dei carabinieri. 

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