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Giovedì, 25 Aprile 2024
Psicologia della Notizia

Psicologia della Notizia

A cura di Florinda Bruccoleri

Un mare di dolore

Di questi giorni la memoria si conserverà sempre. Sì, perché le tragedie, soprattutto quelle più inattese, sono anche quelle più negative, soprattutto per la psiche, che è così profonda ma così delicata, da riuscire a portarsi dentro tutto, in modo più o meno destabilizzante

L’articolo di oggi potrebbe apparire scontato, banale o persino ripetitivo. Leggere ancora titoli e lunghe pagine che riportano alla tragedia di Lampedusa appare ormai cosa prevedibile e anche a tratti snervante, ma in un momento come questo il focalizzarmi su altri argomenti per cambiare un po’ rotta alleggerendo i nostri animi mi è parso uno “sgarbo” a quanti stanno ancora soffrendone le conseguenze.

Accendere la tv e trovarsi dinnanzi a scene inumane, purtroppo così vicine a noi, ci disarma inevitabilmente. E' sicuramente indescrivibile ciò che ognuno di noi ha potuto provare facendo i conti con queste immagini quasi surreali. E così l’immedesimazione e la suggestionabilità accorciano le distanze e ci fanno sentire estremamente ancora più vicini.

Ogni situazione traumatica, proprio per le sue caratteristiche di imprevedibilità e violenza, ci trova impreparati, travolge la nostra sensazione di controllo e viola i nostri presupposti su “come funziona” il mondo. Ed è proprio di fronte ai “disastri” che sperimentiamo la nostra impotenza, percepiamo la nostra inferiorità, prendiamo coscienza della limitatezza umana e ci confrontiamo con la cruda realtà.

Disastro è una parola composta da "dis" e da "astro", che si può letteralmente tradurre con il significato di "cattiva stella”. Ma oltre a tale significato si incontrano varie definizioni, testimonianza di quanto sia difficile concepirne uno, unico e standard. Ciò che di universale esiste è di sicuro la distruzione, oltre che fisica, anche psicologica: un impatto traumatizzante che lascia segni oltre che visibili, nascosti; oltre che curabili, insanabili; oltre che singoli, collettivi.

E allora, come si saranno sentite tutte le persone protagoniste dirette e indirette di quelle scene drammatiche e cosa si porteranno dietro per tutta la vita? Osservando quelle immagini ognuno di noi avrà inconsciamente dovuto fare i conti con l’immaginario, col significato che assume quella traversata per queste persone, con quel loro mondo che pare staccato da quello reale dove tutte le speranze vengono portate a bordo preferendole persino a cibo e acqua lasciate a terra per raggiungere dei luoghi migliori, senza farsi troppo condizionare dal pensiero di un possibile evento traumatico come quello appena accaduto. 

Di questi giorni la memoria si conserverà sempre. Sì, perché le tragedie, soprattutto quelle più inattese, sono anche quelle più negative, soprattutto per la psiche, che è così profonda ma così delicata, da riuscire a portarsi dentro tutto, in modo più o meno destabilizzante. Come in tutte le situazioni di emergenza, in quegli eventi che accadono all’improvviso rimane poco tempo per prepararsi e per pianificare una risposta. 

Per questo, molto spesso, risultano compromesse le nostre umane capacità di farvi fronte. Un trauma rappresenta un evento stressante che, nell’esperienza di chi lo vive, stravolge totalmente le normali risorse di fronteggiamento. 

Affioreranno probabilmente sindromi da disastro, sindromi da lutto, sindromi del sopravvissuto; tra le bare ed i superstiti si respireranno commozione, inibizione, stupore, panico. Paradossalmente potrebbero emergere però anche note positive: la tragedia potrebbe legare i superstiti, i protagonisti di questa vicenda, renderli solidali e rafforzare il loro senso di comunità. E di certo il sentirsi facenti parte di un gruppo potrebbe anche essere “terapeutico”: lenirebbe le sofferenze, curerebbe le ferite, reintegrerebbe le risorse. Ci si sentirebbe protetti, difesi e integri dinnanzi a tanta frammentarietà angosciante; perché fermandosi anche un solo istante dopo l’intensa corsa iniziale si scoprirà che in fondo la sofferenza provata è un elemento importante che accomuna agli altri (fonte: archivio).

Ecco perché dovremmo vivere riconoscendo che la solidarietà non deve limitarsi al materialismo ma essere un vero e proprio comportamento, non dovrebbe essere solo il simbolo della carità ma un vero e proprio dono, soprattutto in casi di estreme tragedie.E questo i lampedusani (insieme a tanti altri) lo hanno dimostrato.

Dott.ssa Florinda Bruccoleri 
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psicooncologa ed esperta in psicologia forense.
Sito web: www.florindabruccoleri.it

Un mare di dolore

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