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Sabato, 20 Aprile 2024
Psicologia della Notizia

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A cura di Florinda Bruccoleri

Immigrati: tolleranza o diffidenza?

L’immigrato pare agisca, dunque, da detonatore delle nostre paure più profonde. Ma esistono, se vogliamo, dei modi per modificare queste reazioni negative nei confronti di tutta la categoria “immigrati”. Come?

Non esiste più ormai edizione di qualsiasi telegiornale che non dia notizia delle migliaia e migliaia di immigrati che arrivano quotidianamente nel nostro Paese. Gente disperata che parte senza nessun bagaglio tra le mani ma carica internamente di paure e di speranze. 

Ormai è quasi una consuetudine vederli passeggiare per le nostre strade, frequentare i nostri stessi luoghi e condividere spazi che dapprima pensavamo fossero solo nostri. Ma l’abitudine di convivere con lo “straniero” pare ancora essere traballante per la maggior parte di noi e così ci ritroviamo spesso a sperimentare emozioni diverse e ambigue quando entriamo in contatto con queste persone.

La prima reazione che proviamo è sempre più spesso di diffidenza e di paura. Una paura che si amplifica se ci capita, per esempio, di dovere passare di sera per certi quartieri abitati da extracomunitari. 

Una diffidenza che spesso è anche alimentata dalle notizie di cronaca che hanno per protagonista un immigrato che ruba, delinque, uccide. 

In questo caso tutte quelle paure, quelle diffidenze e anche le intolleranze che quasi naturalmente nutrivamo nei loro confronti sembrano rafforzarsi inconsciamente ed emotivamente fino a sfociare quasi nel razzismo vero e proprio.

La paura, si sa, è un’emozione fondamentale: un meccanismo innato di difesa quando sentiamo minacciata la nostra incolumità. E questo è ciò che succede quando pensiamo all’immigrato, allo straniero.

In questo caso si tratta di una paura generica, irrazionale dell’altro sul quale proiettiamo (secondo una spiegazione psicoanalitica) ciò che non tolleriamo o che non vogliamo vedere di noi stessi.

A livello inconscio quando vediamo che ci sono degli immigrati nel nostro paese l’immagine che prevale è negativa a causa di questi elementi che associamo agli immigrati: di solito c’è diffidenza perché non conosciamo queste persone, pensiamo che ci possano togliere qualcosa, che stanno invadendo uno spazio che non è loro, che non tutti riusciranno ad integrarsi con la nostra cultura e con le regole sociali del nostro paese. Non conoscendoli abbiamo un timore inconscio verso di loro. A volte inconsciamente ci sentiamo superiori a loro perché non parlano bene la nostra lingua, perché abitano nel nostro paese, perché devono adattarsi a noi e non viceversa, perché sono più poveri di noi, quindi può esserci una sensazione di superiorità rispetto a loro.

Queste paure, questi disagi ed a volte le incomprensioni che possono esserci tra noi e gli immigrati, ci portano a giudicare male la persona immigrata, a volerla mandare via, in questo modo cerchiamo di risolvere i nostri dubbi convincendoci che siamo nel giusto e loro (gli immigrati) nell’errore e quindi devono andarsene.

Ma in realtà quando vogliamo rimpatriare una persona immigrata, questo può significare per noi un modo di eliminare tanti disagi, tante paure inconsce, tanti dubbi, per ristabilire quel “falso equilibrio” che avevamo prima.

L’immigrato pare agisca, dunque, da detonatore delle nostre paure più profonde. Ma esistono, se vogliamo, dei modi per modificare queste reazioni negative nei confronti di tutta la categoria “immigrati”. Come?

Imparando a conoscere coloro che vengono da un altro paese, a dialogare con loro, a comunicare con chi è diverso da noi; imparando a capirli; identificandoci con loro in modo da poter sentire il loro dolore a livello empatico, le loro difficoltà, e questo ci aiuterebbe a rispettarli e ad accettarli; imparando ad accettare la loro diversità ed il loro modo diverso di vivere, di pensare, di relazionarsi con gli altri, ecc; imparando dai loro modi nuovi e diversi di vivere, possiamo arricchire noi stessi interiormente ed evolverci tutti; avendo una mente aperta verso di loro e verso il loro modo differente di essere e di vivere; avendo con loro uno scambio culturale, religioso, di pensiero; superando la paura e la diffidenza che a volte ci accompagna.

Non tutti gli immigrati sono violenti, delinquenti o pericolosi. Solo che esiste in ciascuno di noi una distorsione psicologica ed inconscia che ci fa pensare che ciò che di negativo fa una sola persona equivale a ciò che fanno tutti. Ma spesso non è così, anzi!

(Nel testo sono presenti riferimenti relativi ad uno studio di Rolando Tavolieri: Analisi psicologica dell’intolleranza e del razzismo).

Dott.ssa Florinda Bruccoleri
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psiconcologa ed esperta in psicologia forense.


 

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