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Giovedì, 25 Aprile 2024
Psicologia della Notizia

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A cura di Florinda Bruccoleri

Giovani e stupefacenti: l’importanza del dialogo

L’adolescenza, si sa, è un’età instabile: bastano un innamoramento o un conflitto in casa per spingere i ragazzi a reazioni estreme e oggi la cannabis (purtroppo) circola ovunque, a scuola, tra gli amici e se quasi tutti i coetanei la usano i ragazzi sono portati a credere che “non è poi così grave!”

Esiste una probabilità statistica in base alla quale un adolescente tra i 14 e i 19 anni fumi uno spinello. Oggi, infatti, i numeri parlano chiaro: il consumo di cannabis e altre sostanze psicotrope tra i minorenni o comunque tra i giovani “adulti” è in costante aumento.

Il problema pare essere anche dovuto al fatto che i genitori (o gli adulti in genere) sono a volte impreparati ad accompagnare e sostenere i loro figli, a riconoscere i loro vissuti, le loro emozioni; e così venire a conoscenza che un figlio faccia uso di queste “droghe” spiazza, spaventa e rende insicuri su come agire.

L’adolescenza, si sa, è un’età instabile: bastano un innamoramento o un conflitto in casa per spingere i ragazzi a reazioni estreme e oggi la cannabis (purtroppo) circola ovunque, a scuola, tra gli amici e se quasi tutti i coetanei la usano i ragazzi sono portati a credere che “non è poi così grave!”.

Per questo non è raro che un ragazzo di 16-17 anni abbia fumato cannabis almeno una volta nella vita. Certo c’è da dire che il passaggio da un uso sporadico ad uno abituale non è così automatico e scontato ed importante è cogliere i campanelli di allarme soprattutto, per esempio, se non gli basta più la paghetta o sembra avere sempre più bisogno di soldi.

Pertanto, indispensabile una volta scoperta tale abitudine è parlare con i figli. Parlarne con autorevolezza, come dovrebbe essere il dialogo tra genitori e figli, evitando però di metterli sul banco degli imputati. Dite loro ciò che avete scoperto o ciò che sospettate, condividete tutte le vostre preoccupazioni in merito, assumendo una posizione precisa e coerente.

La presenza di entrambi i genitori sarebbe la condizione ideale per poter far capire loro che la cannabis fa male. E il messaggio diviene ancora più credibile se il divieto proviene da adulti che non fumano 20 sigarette al giorno o tendono a bere qualche bicchiere di troppo. In questi casi il rischio sarebbe quello di mandare un messaggio errato. Inoltre c’è da fare attenzione a non sottovalutare l’importanza di un tale atteggiamento dicendo per esempio: “anche io da ragazzino/a, ai miei tempi, ho fumato uno spinello e se è una abitudine sporadica non ha mai fatto male a nessuno!”.

Altro atteggiamento da evitare, dall’altro lato, è quello di drammatizzare l’accaduto, considerando il ragazzo come un “drogato” innescando come conseguenza una reazione difensiva e oppositiva da parte sua, che impedirebbe qualsiasi forma di dialogo, radicalizzando addirittura la sua ribellione.

Funzionale sarebbe piuttosto monitorare cosa fa durante il giorno privileggiando i fattori protettivi, evitando di concentrarsi solo sul problema cannabis e chiedersi cos’altro fa, se rispetta gli orari, se mantiene sempre lo stesso rendimento scolastico, se c’è qualcosa che non va nella sua vita e cos’è.

Ci si deve preoccupare se un adolescente attraverso l’uso di cannabis cerca di anestetizzare pensieri ed emozioni, se passa dall’uso dello spinello in compagnia a quello solitario trascorrendo ore chiuso in camera sua smettendo di investire sui desideri tipici dell’età per dedicarsi ad un mondo immaginario, illusorio.

In poche parole l’uso peggiore che si possa fare di questa droga è quello dell’automedicazione: con la funzione cioè di ridurre i sintomi depressivi e attenuare la sofferenza psichica. In questi casi, allora, la situazione si fa abbastanza seria e il ricorrere all’aiuto di uno specialista diviene indispensabile. 

Tenere aperti tutti i canali di comunicazione, quindi, è fondamentale soprattutto in una società come la nostra in cui le diverse tecnologie sembrano (illusoriamente) favorire i contatti che invece rimangono spesso virtuali e risulta sempre più difficile un contatto semplice, spontaneo e diretto con l’altro.

Dott.ssa Florinda Bruccoleri
Psicologa, Psicoterapeuta analista transazionale,
Psiconcologa ed esperta in psicologia forense.
Sito web: www.florindabruccoleri.it

Giovani e stupefacenti: l’importanza del dialogo

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